Antonella de Vinci, Geografia campanelliana calabrese (2010), scheda 5

Nicastro

Antico sito fortificato1, si affermò come centro strategico militare sul golfo lametino in piena epoca bizantina (secoli IX-X), in coincidenza con le minacce espansionistiche saracene nel Mezzogiorno d’Italia. Fu sottomesso poi dai Normanni e risale a questo periodo la fondazione (1062) della grande abbazia di S. Eufemia, i cui ruderi sono ancora oggi visibili. Le sue ricchissime donazioni e le sue risorse fondiarie, unite all’efficientissima organizzazione economica, ne fecero il centro economico-politico di una vasta zona. Questo ruolo si attenuò con l’avvento degli Svevi, allorché Federico II riscattò la città di Nicastro dall’abbazia. Lo stesso sovrano curò il restauro del castello la cui importanza strategico-militare si era resa evidente sotto i Normanni che lo avevano eretto. Nicastro si ridusse a semplice feudo sotto gli Angioini. Nel 1417 Giovanna I concesse il territorio nicastrese al suo favorito Ottino Caracciolo.
Pur tacendo, nel Sintagma2 sull’importante biennio di studi (1585-1586 e 1586-1587) che trascorse a Nicastro, Campanella menziona poi questa cittadina a un giorno e mezzo di cammino – quasi 92 km da Stilo – in molte pagine della sua opera. Il convento dell’Annunziata era stato edificato e dotato di cospicue rendite dalla famiglia Caracciolo, mentre nei primi anni del Seicento la potestà sul luogo sacro passò alla famiglia d’Aquino, che acquistò il feudo nicastrese. A Nicastro il giovane Campanella trovò la librarìa del convento ricca di volumi e aperta a diversi indirizzi di studio. Presso lo Studio domenicano frequentò e concluse brillantemente il secondo anno della prevista preparazione filosofica, venendo così esonerato dalla frequenza al terzo anno; prese quindi a studiare la teologia. Nella cittadina ebbe modo di ammirare l’esuberante natura di frutti e giardini, come descrisse nel Senso delle cose3. Il paese è disteso ai piedi di monti che giungono a 1000 metri d’altitudine, circondato da due torrenti che si scaraventano a valle, e dunque soggetto a una lunga stagione di piogge che inondavano – ancora fino alla seconda metà del XX secolo – il terreno circostante il convento; il tempo da dedicare alla lettura nei lunghi mesi piovosi era sicuramente moltiplicato. Appena qualche anno più tardi Campanella lamenterà un forte abbassamento della vista, consumata su innumerevoli libri al fioco lume delle lucerne ad olio. A Nicastro stringe profonde amicizie – che ricorderà4 spesso nelle pagine delle sue opere – e approfondisce, con il suo straordinario talento e la prodigiosa memoria, la preparazione sulla filosofia di Aristotele e degli aristotelici, pervenendo alla scelta fondamentale di ribellarsi all’aristotelismo imperante. È giovane ma consapevole della sua preparazione straordinaria. Recentemente sono stati scoperti, da chi scrive, diversi libri sui quali Campanella studiò con incredibile passione nel biennio trascorso presso il convento dell’Annunziata di Nicastro; su queste pagine Campanella ha lasciato numerose postille autografe5.
A Nicastro il giovane frate delinea un trattato metodologico, De investigatione rerum (perduto) – «primo tentativo campanelliano di fondare un nuovo metodo di conoscenza e di scienza che, rifiutando ogni dogmatismo aristotelico, intendeva riconciliare il sapere con l’esperienza e con la natura»6 – al quale accenna nella Philosophia sensibus demonstrata.


1 Oggi Lamezia Terme.
2 Tommaso Campanella, a cura di G. Ernst, introd. di N. Badaloni, Roma 1999., pp. 381-408.
3T. Campanella, Del senso delle cose, a cura di G. Ernst, Roma-Bari 2007, p. 159:«E in Nicastro vidi con più meraviglia cedri» e p. 203:«Sono in Nicastro certi cedri o limoni grandi che si fanno altri proprio come il cuore dell’uomo, altri come la mano con le dita e pianta».
4Ivi, p. 22:«padre fra’ Gregorio di Nicastro non può sentire" e p. 156:«com’il padre fra’ Gregorio da Nicastro mi ha detto».
5 Cfr. A. De Vinci, Fra le letture del giovane Tommaso Campanella, Vibo Valentia-Milano 2002.
6 P. Ponzio, Un trattato didattico di filosofia della natura: il Compendium physiologiae di T. Campanella, in Tommaso Campanella e la Congiura di Calabria, a cura di G. Ernst, Stilo 2000, pp. 217-218.