Tommaso Campanella, Monarchia del Messia, p. 99

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CAPITOLO XI
RISPOSTA AGLI ARGUMENTI FATTI PRINCIPALMENTE
CONTRO LA DOTTRINA DELLI DUI CAPITOLI
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Prima che io fondi il dominio pontificale e secolare, mi bisogna
rispondere a gli argomenti di coloro che negano in Christo il dominio
temporale et il gladio materiale. Al primo, dico che è vero che
Christo venne come redentore, e per ministrare, e non essere ministrato.
Ma questo è dominio pur temporale, perché al redentore di
quel che era suo, tocca il dominio in tutte maniere, che redime. Egli
ci ha redento gli animi e i corpi, et beni esteriori, perché ci insegnò,
come l’usassimo senza peccato. Dunque di tutte queste tre parti è
signore. E quando disse che non venne ad esser servito, ma a servire,
insegnò agli apostoli, et in loro a tutti i prencipi, che la potestà
secondo la natura è un servire al publico, e non dominare a suo
commodo, come facevano li prencipi gentili: Reges gentium dominantur
eorum, vos autem non sic
. Dunque deve l’huomo reggere et
non dominare, et questo reggere è un travaglio, e servitù. Però il vescovo,
che è pur potestà maggiore che la secolaresca, si chiama fatica
da san Paolo: Bonum opus desiderat, qui episcopatum desiderat. Però
servendo il papa a tutta la Chiesa s’appella Servus servorum Dei. Et
l’imperatore Servus ecclesiae Dei. Così Christo per dare essempio,
come s’haveva reggere, e non dominare; il che disse san Pietro: Non
quasi dominantes in Christo
, parlando a vescovi disse che egli era
ministro e non signore, ma pure accettò la signoria et il magistero,
Vos me vocatis magistrum, et dominum, et bene dicitis, sum etenim.
Ma poi mostrò che il dominio tra christiani debet esse sicut qui ministrat,
perché servendo alla Chiesa, servano a Dio, che loro donò la
potestà di far tutto quanto bisogna a tal ministerio. Qui si vede anco
la differenza, tra il regno del Messia e quel dell’altri.

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