Tommaso Campanella, Monarchia di Francia, p. 592

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XIII
Avvertimenti per la milizia rincorare e megliorare, e consequir il fine.
Ho visto anche con gran disgusto che li Francesi son come li
cavalli, che non cognoscono il valor loro, però temeno da Spagnoli
come i cavalli da lachei, che li menano e cavalcano. E non conoscen il
proprio vantaggio, e quanto essi ponno assai, e quanto i Spagnoli
ponno poco, e però fan conto di loro. E li Spagnoli, con temer nel suo
secreto assai dalli Francesi, fingono non stimarli e si proteggono col
mendacio: per questo è necessario far predicare a Francesi quanto
poco valeno i Spagnoli, e che non hanno mai acquistato un palmo di
terra col proprio valore, né tenuto e conservato, se non con le forze e
consiglio d’Italia e d’Alemagna e con inganni, e come furo schiavi dal
principio del mondo finora. E che li Francesi, conoscendo i proprii
difetti e vizii, e non considerando quelli di nemici assai peggiori, ma
solo la fortuna, li temeno bestialmente, mentre se li potrebben mangiare
a prima vista: per lo che scrisse il Campanella nella sua Cosmografia,
che non ci è più atta nazione al mondo d’esser padrona d’
Europa che la francesa, né la più inetta. Bisogna far che leggan sempre
l’istorie e qualche poeti delle vittorie di Carlo Magno e d’altri eroi di
Francia, e non giocare né tavernizare.
Item, quando han vinto una battaglia i Francesi, potendo vincerne
un’altra e anche un regno, non perseguiscono l’impresa, confidati nel
provato valore, e lor par che sempre sta in mano loro di poterlo

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