Tommaso Campanella, Aforismi politici, p. 139

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parte e l’altra, e non dare autorità suprema in arme a forastiero,
e mantenerlo con speranza d’aggregarlo alla nobiltà,
e non servirsi di baroni, ma di soldati elevati in guerra per
capitani.
140. O si dividono in fazioni, affezionandosi alle guerre
di forastieri, come tutte republiche d’Italia si facevano o
Guelfi, o Ghibellini, o miste, seguendo parte il Papa, parte
l’Imperadore, onde si rovinano assai. Rimedio è seguire
tutti una insegna et aggregar tutti i fuorusciti dell’altre
republiche, che per tal causa furono scacciati, e far un corpo
di republica, e divorar l’altre nemiche, e punir subito chiunque
introduce fazion forastiera, e far consiglio grande, e
proponer di seguir una, per bene publico, e non più, come
etc. Ma non deve mai esser neutrale, perché resta preda
di chi vince.
141. O perché il popolo non si fida della nobilità, né la
nobiltà del popolo, quando sono agguagliate, e chiamano
arbitro strano, come fece Firenze chiamando il re Roberto
et il Duca d’Atene, e quelli divora ambe le fazioni e sottopone.
Rimedio non chiamar arbitri se non religiosi della
stessa patria, e sottomettere queste differenze a sacerdoti,
come provede Moisè divinamente (Deuter. 17). Le mutanze
sono infinite e le cause. Leggasi l’istoria fiorentina, ché
quella città le provò tutte e patì, e la romana opposta a lei.

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