Tommaso Campanella, Ateismo trionfato, p. 10

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Ma forse vedo qualche cosa, perché l’asina di Balam,
mentre il profeta suo cadde e non vidde l’Angelo per la ambitiosa
et avara mente che tenea, essa vidde pur l’angelo con la
spada nuda, e n’accorse il patrone. Ma questi miei patroni
mi speronano, mi batteno, e mi affligeno, e non voglion che
io veda, né che oda quel che a tutto il Mondo è manifesto.
Dio l’accorgerà con rimedio più efficace, e vedranno che l’Asino
loro non ha torto a mutare strada.
Vedi se io son l’Asino, che in cinquanta prigionie fin mo
mi trovai serrato et afflitto: sette volte fui tormentato, e l’ultima
fu 40 hore con funicelli fino all’ossa intranti, appeso ad
una fune a cavallo sopra un acuto legno, che mi devorò un
rotolo di carne, e usciro più di dui <libre> di sangue. Cinque
volte fui chiamato in giuditio. La prima «quomodo literas
scis, cum non didiceris?» et «demonium habes», et io
mostrai, che ho consumato più oglio io, che essi vino, et
che mi dissero: «Accipe spiritum sanctum», et di questo
son certi, che «docet omnia», e del demonio son incerti
che io l’habbia. Altra fiata è che havesse fatto cosa di notte, la
quale mi era impossibile, perché non vedo troppo; e per non
havere io stanza propria e stare in compagnia. Interrogate chi
stette con me, che se io peccai contra il prelato, essi pur peccaro.
Ma l’iniquità non cercava il delitto, ma far che io sia
delinquente. Poi mi accusaro che io habbi fatto libro De tribus

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