Tommaso Campanella, Ateismo trionfato, p. 103

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punendo l’iniquitati, o le terre e possessioni fossero del
publico, e si facessero le divisioni et equalità ogni tanto tempo,
assai meglio si viveria, e non ameriamo più la roba
che Dio, e questa vita all’altra meglio si riferirebbe.
Vole poi che non si giuri, come si usa nella lege di Mosè e
d’altri, perché dovemo esser tra noi tanto buoni e vertaderi in
questa lege santa, che non ci sia bisogno di giuramento per
saper il vero, ma ciascuno lo dicesse sempre e semplicemente.
Dunque la division de le robe puoi pensare che sia venuta per
mancanza di fervente charità e pigritia delli curatori particolari,
e ’l giuramento per mancamento di verità e per l’incredulità
di chi l’esige. Ecco esser l’uno e l’altro per necessità, e non
secondo la natura buona, e «a malo est quod amplius est»,
dice Christo. /Ma se osservassimo le leggi di Christo, sariamo
caritativi prudenti e verdateri, e non ci saria divisione, figlia
dell’iniquità, come dice s. Clemente, né giuramento in remedio
de la perfidia.
Dico all’altro che\ il non giudicare temeriaramente Christo
proibisce, ma non lo giudicio rationale, e forsi intendea che
dovessero li peccati tra christiani esser veniali di fragilità o di
sciocchezza, ma non di malignità, e li donò li sacramenti per
aiuto in questo, come diremo. E però comandò che ognuno
perdoni al compagno, dal che ne segue che non era bisogno
di tribunale, né di giustitia punitiva, e che ognuno, ripreso
dalla conscienza e dalli maggiori fratelli, si pigliasse da sé la
penitenza di tali suoi peccati. Ma hoggi, sendo li peccati enormi
e gravi, son necessarii li tribunali. Così disse san Gregorio,
che non ci saria se non fratellanza tra vescovi, e che non
bisogneria che egli a tutti comandasse e giudicasse, si non ci
fossero peccati, e san Paulo: «omnino peccatum est in vobis,

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