Tommaso Campanella, Ateismo trionfato, p. 112

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ripresi ben dal Soto secondo la prattica presente, ma non
futura.
L’altre ragioni di Aristotele son logica fredda, che ognuno
usurperia più frutto che fatiga; ogn’un vorria esser più tosto
sacerdote o soldato che agricola; e si toglieria la temperanza
e la liberalità, non avendo che dar e spendere, perché ci
sarian gl’uffitiali che distribuiriano le fatiche e li frutti secondo
il merito e la forza naturale, et ognuno saria a quell’arte
posto a cui per natura è inchinato, e non faria a suo modo,
come Aristotele pensa, burla e chiacchiara.
E questo si vede nelli monasterii, dove non ognuno è quel
che vuole, ma quel che può secundum naturam. E la liberalità
è virtù partiale, cioè rampollo della beneficenza, la qual ne
gl’uffitii tra l’uno a l’altro scambievoli, e nelli aiuti del corpo e
dell’animo più riluce, e chi tutto se dona a la vita comune è il
vero liberale, e non chi dà la pecunia, che non è sua, ma cosa
strania e fortuita.
E li magistrati della temperanza vi sariano, e la divisione
del cibo in tavola comune ad ogni stanza di refettione.
Ma li monasterii fan veder vana la openione di Aristotile, e
che questa divisione è manco secondo la natura innocente
che la comunità niuno può negarlo. Hor perché la chiesa di
Christo è come la sciabaca, che si empie di ogni pesce buono
e malo, e fra il buon frumento ci sta la zizania, bisogna aspettare
che tutto il mondo sia chiesa, e la tranquillità e vittoria di
santi, et allora si viverà il secolo santo, che poi ha da essere
trasportato in cielo.

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