Tommaso Campanella, Ateismo trionfato, p. 225

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dunque sempre son mesti, et il gaudio ch’hanno è apparente e
falso, che subito si perde, come è il gaudio dell’ammalato che
beve l’acqua contra la lege del medico con gran gusto, ma l’è
danno, et il gusto è falso. Più diletto gusto ha chi mangia con
fame pane e caso secondo la natura vole, che chi senza fame un
capone. Questo non nega anche Epicuro; dunque nel mangiare,
se tu aspetti l’appetito, non sei minor del Re, e questi
continenti sobri vivono lunga vita, come Antonio, Hilarione,
Romoaldo e simili, che passaro le centenaia, e di più godeno
una contemplation dolcissima che a gl’altri è ignota si non son
temperati, e li gulosi la abreviano, e sempre han podagre, pienezze
di stomaco, cauterii, iracondia, ignoranza etc., e nulla
dolcezza intra l’anima loro. Lo stesso dico di Venere, che più
nobile prole fa negl’astinenti che nei crapuloni, e chi si astiene
del tutto non ha impedimento di figli e moglie. E provai già che
questo diletto è inganno per tirarci a questi guai, e che segueno
alli lussuriosi morbi venerei di mille guise e morte affrettata.
/Similmente quelli che pensano alli honori e stati e principati
son afflitti di cura soverchia senza proposito, perché una
persona veramente savia ha questo honore per travaglio, che
toglie tutti li gusti; e lo governo altrui è una continua afflittione,
e si ben ci sono gli honori, et ammirationi del volgo,

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