Tommaso Campanella, Ateismo trionfato, p. 68

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5. /Ma perché né questo ci inganni, la mano, stromento
d’intelletto, negata alle belve, e la figura retta verso il cielo
mirante son inditio che in noi alberga animo celeste et atto
alle superiori congiungersi, e di operare in terra quel che la
natura per tutto mostra, et imitarlo. Altri ha il collo lungo
tra bruti a pigliar il cibbo sotto l’acqua e li serpi senza offesa;
altri l’agilità, perché è timido e bisogna fugire, o per sequire
il delicato cibo; altri la vista acuta, per di lungi mirare, et
altri altre doti, le quali tutti significano mortalità et attitudine
alla vita mortale, ma l’huomo ha la figura e la mano
che aspirar a vita celeste et operar opre divine lo mostran
degno et atto.
6. Di più tocco un gran punto.\ Ogn’animale certo ha qualche
profetia d’antiveder la piogia, come le pecore e corvi, le
tempeste di mari l’alcioni, l’inverno le formiche, gli aprichi
paesi le rondine. Ma questo è assai puoco alla profetia naturale
dell’huomo, fatta per astrologia e per tante arti indivinatorie,
ma la sopranaturale a nullo animale fu data, perché
solo l’huomo si stima immortale, ha la religione e culto del
vero Dio onnipotente, sa quel che ha da far Dio a gl’huomini
senza passion di aria e di cielo, ma per revelatione di angeli e
di Dio, e la sua sagacità è tale che conosce la propria immortalità,
e che dopo morte li si conviene altra vita, e premio e
pena del bene e del mal fatto.
Et Aristotele empio, che non conobbe altra vita, e nega il
paradiso e l’inferno, affirmati sagacemente da Socrate e da Platone,
poi asserisce la profetia de le Sibille, e parimente Galeno.

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