Tommaso Campanella, Ateismo trionfato, p. 86

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in cielo; dunque non è vero che la terra sia l’elemento freddo,
fatto per contrariar al sole caldo, e mi par che debba essere
qual è per natura, non per carcere. Perché se la terra perdesse
il freddo e la tenebra e la densità con la quale resiste al sole,
tutti gl’enti diventeriano fuoco e cielo, e si perderia la bella
distintion del mondo, e si faria caos di tutte cose una, come
Eraclito disse che in fuoco si avean a convertere tutti gl’elementi.
Disse il Cherub: Tu stai anchora nella stoltitia di philosofi
fisici, li quali non mirano alli fini delle cose, ma solo al modo
della esistenza e compositione, morte e natività. Se ti dicesse
uno: perché mo scrivi?, tu risponderesti fisicamente: perché
ho la penna e lo inchiostro, e la carta sopra cui movendo la
penna secondo la mia Idea tiro le righe e faccio questa scrittura.
Ma rispondendo metafisicamente diresti: scrivo per insegnar
agl’huomini il vero, et acquistar laude d’immortalità,
e più teologicamente diresti: Dio mi lo fa fare per sua
gloria.
Tutte queste cause son vere: ma bisogna, per essere scientiato,
a tutte mirare. È vero dunque che ogni cosa fa la Natura,
qual è «arte inestata da Dio entro le cose per conducerle al
fine loro». Dunque.
Donò il freddo alla terra per contrastar col sole, ma questo
non è ultimo fine: ma perché ancora sia carcere con la durezza
che li dà il freddo, e con la oscurezza terrore, e con il freddo
pena.
Ben vero è che fra le viscere in molti luochi ci è fuoco
conceputo, e quello travaglia l’anime, perché esse son infette
di corpolenza, e più le travaglia quando saranno unite alli
corpi, e perché non li disfaccia haveranno altra tempera, come
sai di molti corpi che resisteno al fuoco, benché paian fragili,

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