Tommaso Campanella, Ateismo trionfato, p. 91

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fine. Perché conviene allo sommo bene levar questa apparenza
di male anchora dagl’effetti suoi, e questi gusti di
Venere e di Bacco, che, come habiam mostrato, son affanni
temprati in qualche diletto per burlarci, han da finire.
Dunque e la generatione e corruttione fine haverà, e la contrarietà
che la mantiene. Perché (sic)
Invero tutte queste cose non hanno sussistenza, se miramo
alli enti veri et alli veri diletti, ma son ombra del vero e rapresentatione
comica, a tempo lasciata. E chi non va filosofando
in questa maniera, mai non potrà acquetar l’intelletto dubioso
et acuto, né dalla vanità delle cose presenti saperà argomentar
che li si deveno beni sicuri e saldi al fin di questi come
conviene alla somma providenza.
Mirai poi come questo poco di tempo turbulento, nel qual
durò il mondo scompigliato, benché fosse di centomila anni
(chi bene esaminato con l’historie più certe non arriva a settemila),
è una burla rispetto alla sempiternità delli secoli felici,
che vivon le creature sante, e che havemo a goder noi dopo
questo breve spatio. Ma l’huomo cieco che non mira l’eterno,
si scandaliza invano, si duole del punto, e non gode de l’ampio
theatro delli beni sacri.

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