Tommaso Campanella, Ateismo trionfato, p. 93

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questa Religione o quella sia vera non si sa se non per fede,
che ciascuna scola di huomini dona al suo mastro e legislatore.
/Pur tra filosofi val più la fede che la ragione, si miri bene.
Li Platonici a Platone credono, e gl’argumenti di avversari a
lor paion fallaci, e con mille glosse difendon la dottrina del
mastro; assai pegio li peripatetici adorano Aristotile, i Pitagorici
a Pittagora, li stoici Zenone, i Democratici Democrito et
Epicuro, li medici Ipocrate e Galeno, li scettici a nullo, ma a
chi dice che nulla si sa. Hor così è nelle religioni, che\ gl’Ebrei
credono a Mosè, li Cristiani a Cristo, l’Arabi, Turchi, Mori
e Persiani a Macometto. E li Tartari a Cinghi, li Giapponesi
ad Amida, li Romani a Romulo, li Greci a Solone e Licurgo, li
Sciti a Zamolsi; li Egittii ad Osiri donano credito, e
perché questi legislatori diversamente opinano della prima
causa, e li paesi son di costumi diversi, han diverso culto introdutto.
E poi li commentatori loro han fatto scisme et heresie
e particulari culti varii. Dal che si vede che le genti sequeno
la Religione in comune: dunque è de iure gentium, e de
iure naturae
: ma che questa o quella sia vera è solo de fide
cuiusque gentis
.
3. Habbiamo visto che tra gl’animali ci è qualche Religione
e tra l’herbe anchora. Hora ben noto, che tutto il Mondo ha
Religione al suo Creatore servendo, /e senza dubio è natural
cosa amare a chi ti fa bene, e temere a chi ti fa male: dunque
le cause possenti e buone sono honorate e temute. E questo è
atto religioso se quella causa partecipa di divinità. Ma certi
enti a certe cose serveno in cui Dio il lor bene et il lor timore

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