Tommaso Campanella, Ateismo trionfato, p. 95

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Dunque sendo che Dio è, e regge il Mondo, et ogni bene
vien da lui et ogni castigo, come di sopra si è visto, non può
esser che a noi non sia naturale riverirlo come prima causa e
padre comune, e che lui sendo amoroso e provido non habia
a noi dato legge e Religione per servirlo a gusto suo e non a
modo nostro.
E perché tra diversi huomini di diversi climi diversi modi
sono di riverenza verso il signore, che altri si inginocchiano,
come li Portoghesi; altri si inchina come li Turchi; altri si leva
la berretta et inchina come li Italiani, e li Genoesi solo si movon
la testa.
Dunque così è diverso anche il culto che si fa al Creatore,
e tutto è buono mentre a lui si fa senza pravità evidente.
/Ma quando si storce il culto divino alle creature, o non si
porta tanto quanto si deve honore a lui che è sommo bene, si
comette gran fallo. Tanto più che i diavoli si sono ingeriti a
farsi adorare, et anco gl’huomini superbi et astuti, e sotto color
di esser mandati da Dio diverse religioni introdussero
per regnare come ingannatori o ingannati dal diavolo.
Non si deve stimar che Dio non curi di ciò, si è riverito o
no, o il suo honor ad altri dato, come dice Epicuro, perché
non vol questo travaglio sendo beato: perché Dio già si dichiarò
che lo cerca come per debito, e che questo non noce a
lui ma a noi, che ci allontanamo dal sommo bene. E che pure
è naturale che ogni padre et ogni magiore vol esser riconosciuto
dal minore e dal figlio per diffender le sue gratie, mentre
è benefico et amorevole. Si sa che Dio non si dole per sé,
ma in noi, e fa atto di dolente castigandoci: ma qui non serve
questa dottrina, che non di questo è la disputa.
Si è visto in tutta la natura che Dio ha cura di ogni minutezza,
dunque molto più dell’arte principale del viver nostro,
qual è la Religione. Se dà le spine e le foglie all’albori per

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