Tommaso Campanella, Epilogo magno, p. 201

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ancho quando il sol potentissimo non se gli era opposto,
sì che non potea far tante stelle vicine a terra. Ma pure
ne feo i pianeti, che sono calore et essi, più unito dentro
la sottilezza; et per la somiglianza delle parti ogn'uno
piglia figura circolare attissima a loro movimento. Et la
luce, che passa per li vetri, nell’aria opposta s'unisce,
alluma et brucia come un fuoco, talché con la sottigliezza
poteva star il calore unito nelle parti supreme et mezane,
puro e netto di gravezza contraria al moto. Et
le stelle non sono esistimi d'ogni cosa constanti, anzi più
luce il caldo unito nel rado che nel denso, come più nelle
pure che nelle impure.

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