Tommaso Campanella, Epilogo magno, p. 246

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laonde l’istessa attione è varia in materia dissimilare di
denso e molle composta. Quinci fia che d'un seme si
faccia ossa, nervi, cortilagini, fibre, peli, frondi, tronchi,
fiori et scorze etc. per la diversità delle parti in
cui ancho l’attioni et gli agenti si variano, perché differisce
un calore da un altro in copia et robustezza. Onde nell’humido
- come si vede nella fiamma - è più copioso, et
nel secco è più robusto perché è più unito, come nel ferro
rovente; et di questi è proprio il bruciar mordace, et di
quelli lo scaldare copiosamente piacevole. Di più non sarà
eguale la superficie terrena, sendo piana, alta, tonda, montuosa,
avallata etc. Le quali parti diversamente s'impregnano
di luce, perché i piani et valli uniscono il calore, et
i monti et l’altezze lo ricevono et lo spargono, onde il loro
è manco forte. Di più una parte di terra che
par tutta piana è conspersa di monticelli quasi invisibili
et di fossette picciole assai, le quali tutte ricevono il caldo,
et chi per dritta linea et chi per traversa sempre variando.
Di più quel che hoggi il calor fa, questa notte viene variato
dal freddo, e dimane da un altro caldo. Di più i pianeti
caminando obliquamente, chi più tardi, chi più veloci, congiungendosi
con le stelle non erranti et con sé stessi in
diversi figuramenti, accresceranno et variaranno le forze
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de i calori; et più la luna col suo scemare et crescere et
le nuvole interposte et le lontananze l’ammancheranno.
Onde fia gran divario: tanto più che, ricevendo
più luce dal sole, hor manco hor piu s'avvicinano et allontanano
da terra, et son più veloci et varij. Dalle diverse
constellationi et resistenze che farà la terra nascendo la
diversità delle cose, chi intenderà in che grado la virtù
si riceve in loro, et per quanto tempo sarà aiutata da i
calori celesti consimilmente a loro in terra sparsi, et i dissimilmente
sparsi come la contrastano; et chi saprà tutte
le mutationi passate, potrà intendere quanto patiranno in
morte et vita le cose. Ma essendo quasi infiniti gli accidenti,
chi potrà saperlo bene, altro che 'l Senno mio intieramente?
Pur potrà ben congetturar molto chi guarda a
questi luminari celesti, statue picciole della mia Idea.»
Di più diceva il Senno, che « 'l sole vorrà mandar sommo
caldo in terra; quello l’abruciarà nella faccia convertendo
subito in sottigliezza le parti manco resistenti et ritornerà
in su senza haver penetrato, lasciandola incrostata per
unione delle parti dure scoverte di quelle spogliate; anzi
la fonderà in modo, che se alcun caldo di sole ci è dentro
uscirà fuori. Et però avverrà che dove si fa l’estate sia più

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