Tommaso Campanella, Epilogo magno, p. 278

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[DISCORSO NONO]
De venti et loro uso.
Per condurre le navigationi al fine, et per agitare et
augumentare la virtù seminale delle piante, per mantenere
l’aria nella sua purità col moto, et per portare le pioggie
dove bisogna, et per invitar gli animali con l’odore ch'essi
da lungi possano anche cercare li bisogni loro, commandò
il primo Senno che si facessero i venti, di vapori non tanto
grossi quanto quelli dell’acqua e della nebbia, né tanto
sottili che possano andar in alto senza pro'. Onde né di
verno né di state troppo se ne fanno, ma di mediocre consistenza,
acciò restando sopra la faccia della terra
servano alli predetti usi: dove a copia ragunandosi si sentono
stringere, il che è contra la natura della sottigliezza e sua
morte, come è morte della grossezza lo slargarsi; et però
sfuggono in giro per trovar spatio capace della loro ampia
sottigliezza, finché insieme azzuffati o assottigliati dal moto
vanno in alto a più spatio. E tanto più sono vehementi,
quanto che la minera del paese onde elli nascono somministra
a loro più copia di vapori, sì che si sentono più stringere

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