Tommaso Campanella, Epilogo magno, p. 286

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vapori grossi viscosi et fuliginosi et sulfurei, insieme sottili
e grossi. I quali, accesi per l’unione di tanta materia,
fugano la tenuità, et le viscose fuligini s'abbracciano
in uno et si compongono in ferro o in pietra o
in altra consistenza a cui somigliano. La quale porta
seco l’accensione sulfurea: onde corre per diverse vie
tortuose tirata dall’accensione in suso et dalla corpolenza
in giuso, come folgori fatti ad arte, et fracassa ogni cosa
che se gli oppone, et liquefà la terra dentro la quale si
caccia, infettandola d'odor sulfureo.
[AVERTIMENTI.
a. Una pietra di trentatre lire con questi accidenti cadde in
Castrovillari a tempi nostri: onde si vede essere falso Aristotele,
che dice tali pietre portarsi da venti e poi cascare, perché il vento
non tira in alto ma in giro, et non farebbe tuono e fuoco e sulfureo
odore la pietra simplice.
b. Perché di ogni minere vapori eshalano e in ogni terra arsa
ci sono atomi d'ogni minera. Però è vero in parte la homiomeria
di Anassagera.]
[DISCORSO DECIMOTERZO]
Delle stelle cadenti et fuochi che in aere si fanno.
I vapori più sottili quando s'accendono in alto paiono
stelle cadenti, perché la fiamma dal principio al

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