Tommaso Campanella, Epilogo magno, p. 369

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della testa il loro senso, par che non sentano. Così
uscendo il sangue dalla vena, s'egli è toccato, non communica
il tatto all’interiore spirito, perch'essendo flussibile
si divide da lui e non riede. Et questo fu giusto,
per far l’animale esente da molte passioni infelici. Dunque
se lo spirito è serbato nel suo essere dalla cosa che tocca,
perché è a lui simile et commoda al corpo suo instrumento,
ne gioisce, come quando dal blando caldo o dal saporito
cibo viene affetto; ma se viene trasmutato in cosa da sé
dissimile, si duole. Però gioia e dolore in tutte le cose sentienti,
come quel che a la sua conservatione giova et
nuoce, si trovano, l’una come senso conservativo del bene,
et l’altro del male distruttivo. Il caldo e '1 freddo sono
oggetti per sé del tatto, perché avanti e dietro, sotto et
sopra posti in ogni sito si diffondono ad agere
nel senso; ma il grave, il leggiero, il grande, il picciolo, la
pietra, la tavola etc. non ageno se non per accidente. Onde
<il grave> non diffonde gravezza come il caldo calore, ma
grava posto di sopra solamente. E della pietra sente il tatto
per sé fresco et la durezza per accidente, cioè stringendola

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