Tommaso Campanella, Epilogo magno, p. 385

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o aposte al fuoco più odorano, e l’incenso arso manda odore
visibile non che odorabile, e l’odore rinfranca gli afflitti spiriti,
e Democrito si nutrì tre giorni col odore del pan caldo. Dunque è
sostanza, e gli venti l’apportaro alli avoltoi: et è vero che quanto
più s'odora si manca. Si manca la rosa a poco a poco; et il cedro
per essere di molta sostanza non subito manca, ma col tempo; e
l’incenso al fuoco, perché più odori li eshala, più si scema, e posto
in bragja tutto si perde. Ma la specie intenzionale è cosa finta
dal capriccio, perché ella non vien dalla rosa, né il naso o altra
natura agente la può creare a nostra posta.
c. La carne frolla si commincia a putrefare e manda vapor
copioso e tristo; ma la parte sua densa ancora non è sfatta,
se non alquanto allentata: onde piace per la sua tenerezza. Ma
se poi è putrefatta bene, diventa amara: per la copia del caldo e
materia densa scaldata e stretta in particelle stringesi la lingua.
Ma se da molto caldo è cotta, che faccia eshalare il tenue putrefattivo,
non amarezza, fin tanto che è arsa. Et ogni reliquia di
arsura è tale per il caldo astringente con sua secca mole.
d. La febre diaria si fa ne' i spiriti, la putrida ne' humori, la
ettica nelle parti sode s'accende.
e. La rossaina o morbilli si fan ne' bambini per l’abondanza
del sangue; e quando si accende assai, uccide, massime quando
non esce fuori. Così si fa l’ericipela, cioè d'humor sanguineo infiammato;
e quando si estrinseca si sana facilmente, quando resta occide.

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