Tommaso Campanella, Epilogo magno, p. 389

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occhio, et è denso e lucido e tondo non esquisitamente, ma
come una lenticchia, accompagnato da l’una parte e l’altra
d'una membrana che in lui finisce, derivandosi da la membrana
sottile che sta dentro la cornea e camina dentro al
cerebro come secondo velo messo per conservare la sua
tenerezza. E nell’occhio distingue l’humor acqueo dal vitreo:
fra i quali dui giace sul mezo il cristallino, per ricever
la luce tinta de i volti delle cose e poi giudicarla. Dietro
a lui sta una membranella delicata, qual velo di
cepolla, accioché non passi la luce dentro, ma si rifletta
l’imagine, come ne specchi nostri noi mettemo il piombo
a terminare la luce e rifletterla a dietro. Dietro poi ci è
l’humor vitreo, somigliante a gelatina di carne fredda: e
questo serve per nudricar l’humor cristallino della parte
densa e l’acqueo della sua liquida. Più dentro escon dal
cerebro disteso e disseccato duoi nervi visivi per unir la
vista incrocicchiati, per dove lo spirito vigilante viene
alle sue finestre ad ammettere a sé le cose visibili, che sono
la luce tinta di esse, e scorre per dentro alle membrane
e nervicioli. La parte interna della cornea, per la copia

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