Tommaso Campanella, Epilogo magno, p. 396

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negri apparono, perché la luce in tanta mole si perde e la
faccia de la materia più appare; e li manco profondi son
torchini; e li manco, biondi o del suolo sottoposto colorati
si mostrano. Così i monti da lontano paiono torchini,
perché la luce da loro a noi vegnente in tanto spazio
di mole aeria s'imbratta et indebolisce. El cielo - benché
sia bianchissimo - è materiale, e la luce nella sua immensa
profondità si spande, si vien a debilitare et inbrunire,
<e giunge> sin al grado del turchino. Non solo la distanza
delle cose si rappresenta nello speglio degli occhi come negli
altri specchi, ma lo spazio ancora del aere che fra la vista
e 'l visibile si trova, perché, sendo l’aere trasparente materia,
d'ogni punto di esso in ogni verso si spandeno et rifletteno
piramidi di raggi per la moltiplicabilità di essa luce. Onde
le parti vicine all’occhio vicine, le lontane lontane, le mezzane
mezzane si rappresentano di tutto lo spazio aereo:
così come dentro lo specchio crediamo nella sua superficie
toccare la nostra imago se a lui ci avviciniamo, e se ci
allontaniamo ci vedemo dentro lontani quasi a dietro
nello specchio tanto quanto da lui siam noi lungi,
perché non solo la figura nostra ma lo spazio fra noi e lo
speglio in esso si riceve. Ma nelli cavi specchi si vede la

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