Tommaso Campanella, Epilogo magno, p. 432

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onde la bellezza significa che la virtù inestata dentro il
corpo habbia potuto et saputo ben fabricarlo. Et per
tanto consiste la bellezza nella procerità del corpo, nella
gagliardia, nell’agilità e destrezza, nella proportione delle
parti, vivezza de colori. Però il nano non può mai esser
bello, né la femina si può dir bella, né il facchino
si può dir bello, né il nasuto si può dir bello, né lo squalido,
perché in tutti questi manca il segno del valore et di
senno. La gratia poi è un'apparenza della bellezza, che
nel moto, nel parlare et nella prospettiva del bello consiste,
come un suo fiore. Questa bellezza è humana respettiva,
ma la vera è assoluta et semplice, com'è quella della luce
et quella di Dio, della cui bontà tutte le bellezze sono un
fiore tralucente per la massa della sua statua, della quale
l’uomo è compendio sacratissimo.

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