Tommaso Campanella, Epilogo magno, p. 471

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senza pensare a Giovan, Pietro e gli altri. Et questo si fa,
perché nella moltitudine di simili ci sono cose communi
a tutti, come ne gli huomini la figura, il sentire, il parlare,
il discorrere a tutti è commune. Et sono anche cose particolari
nella medesima consorteria, perché altra è la figura
di Pietro, altra di Dionisio, altra di Socrate. Et altrimenti
sentono et parlano et operano: benché tutti in queste
cose communemente convenghino, imperoché son fatti
delli medesimi principij materiali et attivi, ma in
diversi tempi con diversa copia et forza. Dunque allo
spirito per li sensi si rappresentano queste cose communi
nelle quali concordano, e le particulari nelle quali discordano:
ma più restano in memoria le somiglianze communi,
perché più volte et in più oggetti si sentono.
Laonde e più moveno, perché in Pietro, in Diogene, in
Socrate etc. veggiamo l’esser huomo, il sentire, il parlare,
la figura humana, e 'l naso etc., ma non in tutti l’esser tal
huomo col senso acuto, col parlar grosso o sottile, con statura
alta o bassa, col naso simo, con tal occhi, faccia,
attione etc. Ma il medesimo senso, vedendo Pietro, vede
l’huomo et vede un tal huomo, cioè l’universale et il particolare,
cioè quel che ha Pietro simile a gli altri

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