Tommaso Campanella, Epilogo magno, p. 499

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nemico, et impetuosamente. Il dolore et la gioia che
habbiamo del ben altrui pure da i medesimi principij
derivano, et così il riso e 'l pianto.
[AVERTIMENTI.]
a. Perché l’appetito nasce dalla conoscenza, la gioia e 'l
dolore, che sono dell’appetito passioni, son pure senso.
b. Perché il viso et l’udito han oggetto tanto lontano a loro
rispetto, si dice bello ogni ente; ma il tatto, il gusto et l’odorato
han l’oggetto intrinseco a sé; però buono et non bello si dice
a loro. Onde il bello amato, quando si gode per venere, si dice
buono et non bello. Si ama il lontano dal senso, si gode il congiunto:
et quando si dice amarsi quel che si gode, non
è per il presente godimento, ma per il desìo che continui il godimento
anchora assente nel suo futuro.
[DISCORSO NONO]
Del riso.
Quando si rallegra lo spirito, tutto si move in fuori,
et corre a gli occhi per mostrarsi beato, et li rende lucidi
et chiari, et la cute serena et gonfia, augumentando et

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