Tommaso Campanella, Epilogo magno, p. 518

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g. La virtùè sapienza, potenza et volontà buona; dunque
l’honore è segno di lei, perché li sapienti et forti et i buonvoglienti
si honorano.
h. Aristotile divise il giocondo dall’utile et honesto, perché
l’huomo gioisce di una burla o d'una puttana con danno e dishonore.
Io dico che questo gioire è senso dell’utile naturale, ch'è la conservatione
per conservarsi; e della burla gode perché gli dilata lo spirito;
et non può godere del disutile et del dishonesto,
se non in quanto l’apprende come utile o come honesto etc. Nessuno
s'inganna, se non mentre apprende per più bene il minor
bene in quell’instante che opera: dunque a chi adultera par
meglio l’adulterio in quell’instante <ch'ubedire> alla legge, benché
in universale per sempre paia meglio l’ubidire].
[DISCORSO DECIMOQUARTO]
Della solertia et suoi opposti vitij.
Per la prima è da sapere che non habbiamo il
bene conservativo di noi in noi, come Dio che ha ogni bene

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