Tommaso Campanella, Epilogo magno, p. 548

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a chi a caso o per ben nostro ci dona dolore, come ci fa il medico.
Ciò non avviene se non quando lo spirito, senza mettersi a considerare
lo nuovo accidente, seguita la ragione universale che dice
doversi commovere contra a chi fa male. Così la ragione spesso
con sé stessa combatte, mentre da due beni è tirata et sta pensando
qual si debba seguire. Similmente la concupiscenza è con ragione,
perché è per rifar quello che essala al corpo et per generare
et conservare; et però non ogni cibbo se non utile procura, non
ogni femina se non bella vole, et con arte coce et distribuisce;
et ripugna spesso alla ragione avanti che consideri bene
(ma non poi), perché seguita il decreto vecchio senza pensare al
nuovo. Et volendo soccorrere a due mali, desidera et odia insieme:
onde il febricitante vorrebbe l’acqua per levarsi l’afflittion del
caldo, et non la vorrebbe temendo del male che non cresca. Pur
si lascia persuadere dalla raggione sovrana il savio, et più non
impugna. Hor come la desiderativa si lasciarìa persuadere, se non
fusse capace di ragione? Galeno errò con Platone; ma Aristotile,
che negò Platone e disse, Non sono tre anime, cioè la consultrice
l’irascibile et la concupiscibile, come voleva Platone, non
doveva ponere virtù irrationali nell’irascibile et concupiscibile,

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