Tommaso Campanella, Ateismo trionfato, p. 13

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questo dovea venire nella presente turbulenza del Mondo:
«Humiles ingemiscent, audaces praevalebunt, sapientia infatuabitur,
stellae confundentur, dimidiabitur sol», et altrove:
«Honor et virtus prosternetur, sapientes et senes non levabunt
caput, donec veniat qui placabit iram meam». Et Salomone
però sempre dice: «Vidi iustos quibus mala proveniunt
tanquam opera egerint impiorum», ma dell’empii: «Ita securi
sunt ac si bene egissent», et David: «In labore hominum
non sunt, et cum hominibus non flagellabuntur».
Io non dico esser buono, che so di esser peccatore grande,
ma so anchora che essi non hanno tanto di me, che per giudicio
retto possano punirmi; e se io fosse diavolo, non devo
inaudito morire contra tanti canoni, et promettendo tanti benefitii
alla chiesa di Dio et al Re deveria esser inteso. Che
ne ha il Re e la chiesa che io mora? Ma se dico il vero,
assai n’haverebbono. Ecco dunque che non il benefitio del Re
e della chiesa si cerca nel mio sangue, ma la grandezza di satrapi,
che rodeno le radici de lo scettro del Re, come vermi
domestici, et venden l’iniquità per attione heroica.
E però ti prego, carissimo, che havendo visto l’Asino di
santa chiesa caduto in questo fosso, secondo dice Mosè, non
lasciare di sollevarlo, che forsi sarà buono a portar Christo
in Ierusalem, et anche in Egitto, e nella Samaria. Fa l’offitio
del vero samaritano e redentore, che a questo sei nato. Li leviti
e sacerdoti mi passano senza benedittione: e tu hai fatto la
misericordia con me. Ricordati che io stavo aspettando, e chiamando
la morte come Elia sotto il ginebro, e tu come Angelo
mi svegliasti a vita, ma non portasti il pan succineritio per
farmi andar insino al monte Oreb: «Ministerium tuum imple».
Eccoti questo libretto, serviti de la virtù in benefitio
della virtù.

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