Tommaso Campanella, Ateismo trionfato, p. 156

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presuppone come creati molto prima, e che dell’angeli Mosè
faccia mentione spesso si legge, e così delli spiriti mali e del
serpente di Eva, et in Iob, il cui libro scrisse Mosè, et in altri
lochi si parla di angeli: dunque questo tacere non dovea far
argomentar che non vi siano.
Quel che dicono che {Mosè} non promese beni e mali dopo la
morte, perché il popolo era grosso e fanciullo, che con li
beni e mali presenti solo all’uffitii era spinto, non sodisfà al
politico. Perché la Sapienza chiama a quel popolo sine querela,
e santo e sapiente rispetto agl’altri populi, e nondimeno
li Caldei credeano inferno e paradiso, e Platone e li Greci
tutti quasi, e Pittagora e li Romani, come Salustio dice che
Catone rimproverò a Cesare che non credea l’inferno, et
era heretico.

Onde mi par che, se l’altre nationi più grosse havean
questa fede, dovea almeno Mosè, con le pene e premii temporali,
far una mentione sola delli eterni, che han più forza assai
a movere tanto più giunti a quelli; altri potria pensare che
Esdra rinovò le scritture, e sian manche, ma io trovo che Esdra
fa mentione di pene e premii dopo la morte, e di resurrettione
mirabilmente nel 4° libro, e che sia suo altrove disputai.
Però io penso vera quella dottrina che ancora non era aperta
la via del cielo, che Dio fa le cose con tempo e con ordine, e
che a Christo spettava aprirla e dar la chiarezza di questa verità,
e perché andavano al Limbo, Iacob dice che lui descenderà
all’inferi. E che l’altre nationi, ignare del peccato originale,
pensaro che ci sia beatitudine appresso l’inferi nelli campi Elisei,

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