Tommaso Campanella, Ateismo trionfato, p. 55

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e corruttioni, nondimeno a noi et al corpo non si
sentono, ma piaceno et integrano la vita totale. Lo stesso si
fa nel Mondo, e tutte le parti del Mondo cambiano forma,
ma non si annullano, ma a voluntà del primo fabro in altre
cose si cambiano. Perché tutte son come il luto in man del
figulo le cose in man di Dio.
Ma perché ci ha fatto sentir tanto dolore nel morire? perché
non volessimo morire fin al tempo prescritto al suo gran
fine. E perché nel morire sul tempo prescritto pur ci dolemo?
per la medesima causa, che abborrissemo la morte, e fussemo
esempio a chi vive di non cercarla, e per ripugnare. Perché,
se l’un contrario non repugnasse all’altro, né il caldo al
freddo, né la vita alla morte, il Mondo saria chaos, non ci
saria pugna né generatione, né si muterian le cose in tante
forme, che rapresentan l’Idea gloriosa della prima causa, e però
son gioiose. Ma perché infinitamente in modi infiniti è participabile
la prima Idea, sempre le cose si mutano, finché ogni
cosa forsi si farà ogni cosa.
E viddi, meglio considerando, che il dolor nasce non dal
mutarsi in altro essere, ma dal perdere l’essere antecedente,
perché ogni cosa nacque di nulla, e fu dopo che non era; e per
se stessa sempre torna a questo non esser suo originale, e Dio
buono non la lascia annichilare: ma li dona un nuovo essere.
E così vidi poi come Dio non concorre alle passioni, come
al non essere, al morire, al patire etc., perché patire è farsi
altro o in parte, che è alteratione, o in tutto, che è corruttione,
et è perdere l’essere antecedente.
E perché Dio è sommo essere e non partecipa del niente,
però non concorre al non essere et al morire per sé, ma solo
all’essere che è, e che poi riceve. Però dunque concorre alla
morte et alla corrottione non in quanto è morte et è corrottione
della cosa antecedente, si non permissivamente, che lascia
far il morire et il corrompersi et il patire, ma in quanto è
vita e generatione della cosa consequente concorre attivamente

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