PRESENTAZIONE

1. L’applicazione web della Cena de le Ceneri

L’applicazione BCC 1584 si basa sulla riproduzione facsimilare della editio princeps della Cena de le Ceneri di Giordano Bruno: [London, John Charlewood,] 1584. Il testo è diviso in cinque dialoghi, con quattro interlocutori: « Smitho. Theophilo Philosopho. Prudentio pedante. Frulla ». Theophilo è l’alter ego di Bruno, o – come egli scrive – è il « fidel relatore della Nolana Philosofia » (De la causa, principio et uno, ed. 1584, p. 142, in BOI II, p. [636] Legenda .

Trascrizione del frontespizio della princeps :

LA | CENA DE | le Ceneri. | DESCRITTA IN | CINQVE DIALOGI, PER | quattro interlocutori, Con tre con-|siderationi, Circa doi | suggettj. | All’unico refugio de le Muse. l’Illustrissi. Michel | di Castelnouo. Sig. di Mauuissier, Concressalto, et | di Ionuilla, Caualier del ordine del Re Chrianiss. [sic] et | Conseglier nel suo priuato conseglo. Capitano di | 50. huomini d’arme, Gouernator et Capitano di | S. Desiderio. et Ambasciator alla sere-|niss. Regina d’In-|ghilterra. | L’vniuersale intentione e’ dechia-|rata nel proemio. | 1584.

La riproduzione facsimilare della princeps si basa sull’esemplare dell’opera posseduto dalla Biblioteca dell’Accademia Nazionale dei Lincei e Corsiniana di Roma, segn.: 133 C 26 (1), esemplare riprodotto anche nella World Digital Library con il supporto scientifico dell’ILIESI Legenda . La princeps, in-8°, ha complessivamente 140 pagine, di cui le prime 11 non sono numerate; tali pagine preliminari contengono: frontespizio (p. 1nn), al cui verso (p. 2nn) figura un sonetto (« Al mal Contento »); « Proemiale epistola » (pp. 3nn-11nn) indirizzata all’ambasciatore francese Michel de Castelnau cui l’opera è dedicata (il titolo corrente di tali pagine indica: Epistola Dedicatoria). Il testo comincia al verso di p. 11nn, segnata ‘Fol. I’, con il « Dialogo Primo », che termina a p. 22 (complessive 24 pp.: è da segnalare che ci sono due pagine segnate con il numero 5; nell’applicazione BCC 1584 tali pagine sono indicate come ‘5’ e ‘5bis’). Seguono: « Dialogo Secondo », pp. 23-45 (complessive 23 pp.); « Dialogo Terzo », pp. 46-80 (complessive 35 pp.); « Dialogo Quarto », pp. 81-100 (complessive 20 pp.); « Dialogo Quinto », pp. 101-128 (complessive 28 pp.). Nella princeps vi sono 9 figure (alle pp. 56, 58, 60, 62, 75, 79, 98, 104, 125), quasi tutte a piena pagina. Riguardo alla stampa originale, e agli esemplari censiti di essa, vedi Salvestrini, Bibliografia, n. VI. pp. 70-74; Sturlese, Bibliografia, n. 7, pp. 44-50 Legenda .

Oltre alla consultazione della riproduzione facsimilare della princeps, l’applicazione web BCC 1584 consente diverse ricerche lessicali sia sul testo della princeps, nelle sue peculiarità grafiche/linguistiche, sia sul testo normalizzato secondo le norme di trascrizione dell’edizione critica messa a punto da Giovanni Aquilecchia (Cena, BOeuC II; Cena, OIB I Legenda ). L’applicazione BCC 1584 offre inoltre la possibilità di concordanze del testo, della princeps e del testo critico.

È da precisare che nella trascrizione del testo della cinquecentina sono stati fatti alcuni interventi riguardo ai segni di interpunzione, nonché per la correzione di errori meccanici nella stampa: per es., riguardo a caratteri rovesciati, parole attaccate, brani di testo raddoppiati ecc. Tali interventi si sono resi necessari per l’applicazione BCC 1584, che consente ricerche lessicali sul testo; una trascrizione rigorosamente diplomatica renderebbe complicate o falsate tali ricerche. Va rimarcato che la stessa edizione del 1888 di Paul de Lagarde Legenda non può ritenersi diplomatica, ma semmai paradiplomatica o « diplomatico-interpretativa », come ha osservato Aquilecchia (L’ectodica ottocentesca, p. 15 Legenda ). Nella nostra trascrizione abbiamo cercato di attenerci per quanto possibile alla stampa originale; naturalmente, riferimento primario per ogni verifica è il facsimile della princeps.

Va puntualizzato che, per la presente applicazione web, lo stesso testo dell’edizione critica è stato rivisto sistematicamente, anche con una collazione rispetto alla stampa cinquecentina (per tale verifica, oltre all’esemplare della Biblioteca Corsiniana, è stata presa in esame anche la riproduzione fotografica degli esemplari dell’opera che si conservano nella Biblioteca Nazionale di Napoli, segn.: S.Q.XXVI.A.44 (2), e nella Bayerische Staatsbibliothek di München, segn.: Rar. 34. Per gli interventi sul testo si è comunque tenuto conto dei criteri adottati da Aquilecchia.

L’esemplare della Biblioteca Corsiniana, a base dell’applicazione BCC 1584, riproduce la versione ‘vulgata’ della Cena de le Ceneri. Pertanto, BCC 1584 si basa su tale redazione, trasmessa da gran parte degli esemplari della princeps, e non sulla diversa stesura – cioè con il rifacimento del foglio D della princeps, che si conserva a stampa nell’esemplare posseduto dalla Biblioteca Trivulziana di Milano riprodotto in BOI II Legenda – che Aquilecchia ha ritenuto presentare la lezione definitiva dell’opera. A tale redazione alternativa sarà dedicato un supplemento dell’applicazione BCC 1584. La Bibliografia di Sturlese (pp. 44-49) registra complessivamente 39 esemplari della editio princeps, compresi gli esemplari della Biblioteca Trivulziana di Milano (segn.: Triv. L 594) e della Biblioteca Nazionale Centrale di Roma (segn.: 71.11.A.17) che conservano, rispettivamente, la versione a stampa e la versione manoscritta della menzionata diversa redazione del foglio D. È da supporre che alcuni esemplari della princeps siano ulteriormente da registrare, conservati in raccolte private non considerate nella Bibliografia di Sturlese. Va segnalato che tale Bibliografia (pp. 49-50) segnala anche cinque copie manoscritte (del sec. XVIII) della Cena de le Ceneri.

In collegamento con l’applicazione BCC 1584, nell’Archivio Giordano Bruno dell’ILIESI, si danno anche delle concordanze di pagine (edizioni moderne e traduzioni) della Cena de le Ceneri, a partire dalla princeps e sempre con riferimento alla versione ‘vulgata’ del testo.

2. Come procedere nell’applicazione web della Cena de le Ceneri

L’applicazione consente innanzitutto di esaminare in serie le 140 pagine dell’editio princeps della Cena de le Ceneri, rese in immagini ad alta risoluzione e a colori. Un indice dei contenuti cliccabile, sempre a disposizione, permette invece di accedere per via diretta a qualunque parte dell’opera.

Della singola immagine in lettura si possono visualizzare in ogni momento sia la trascrizione fedele della stampa del 1584 sia una trascrizione del testo critico, che presenta varie grafie modernizzate, e così effettuare rapidi confronti.

L’utente può scegliere inoltre di scorrere il testo, invece che attraverso le immagini della princeps, attraverso le pagine HTML della trascrizione 1584 oppure di quella del testo critico.

Sull’opera è possibile effettuare ricerche lessicali dopo aver scelto la terminologia preferita, del testo originale o del testo critico. In tale modalità si hanno a disposizione fino a quattro campi in cui introdurre i termini-chiave che interessano, servendosi eventualmente di maschere di stringa (l’asterisco) o di carattere (il punto interrogativo), poste in qualunque posizione delle chiavi. L’algoritmo di ricerca ignora il maiuscolo o minuscolo e pone in equivalenza sia le lettere u e v, sia i e j finale di parola.

Tutti i termini introdotti verranno posti in or, ovvero ricercati indipendentemente l’uno dall’altro (per es. cerca tutte le attestazioni di differenza o differenze o moto o moti). Il risultato sarà una lista a video di forme rilevanti attestate, ciascuna con la sua frequenza, tra cui scegliere quelle da visualizzare.

La visualizzazione finale avviene a sua volta secondo due modalità a scelta: clip o concordanza testuale. La clip è una porzione dell’immagine di pagina (circa sette righe) con al centro in evidenza l’occorrenza trovata. La concordanza per forma viene invece elaborata dalle trascrizioni HTML, e se ne possono scegliere sia la lunghezza (120 caratteri sono lo standard) sia il formato: con l’occorrenza trovata al centro (standard), all’inizio, alla fine, in contesto variabile in base alla punteggiatura più o meno ‘pesante’.

Sia dalla clip sia dalla concordanza, con un clic si accede direttamente all’immagine della pagina integrale, sempre con l’evidenziazione della parola trovata. Inoltre, se all’inizio della ricerca l’utente ha optato per la terminologia del testo critico, si troverà nella concordanza non uno, ma due contesti paralleli: il primo tratto dalla trascrizione della princeps del 1584, il secondo da quella del moderno testo critico.

Il listato ottenuto è impaginato a video in pagine di 20 occorrenze ciascuna (ma il numero è modificabile a piacere) e ogni pagina può essere mandata in stampa.

3. La Cena de le Ceneri e la « nolana filosofia »

La Cena de le Ceneri può considerarsi il manifesto della filosofia di Giordano Bruno, almeno di quella che l’autore definisce come « Nolana philosofia » (BCC 1584, p. 5nn rr. 14-15; vedi anche De la causa, ed. 1584, p. 142, in BOI II, p. [636]), con riferimento alle dottrine che, anticipate nella Cena, si esprimono in quest’opera e negli altri cinque Dialoghi filosofici italiani, tutti pubblicati a Londra nel biennio 1584-1585.

La Cena de le Ceneri è il testo che fu edito per primo da Bruno e funge da introduzione ai Dialoghi, con una presentazione encomiastica delle acquisizioni dottrinali – di carattere cosmologico e ontologico – che saranno poi precisate nel De la causa, principio et uno e nel De l’infinito, universo e mondi, ma anche con diversi richiami alle conclusioni etiche presenti nei Dialoghi successivi: Spaccio de la bestia trionfante, Cabala del cavallo pegaseo, De gli eroici furori.

La Cena de le Ceneri – con una dedica all’ambasciatore francese a Londra Michel de Castelnau – fu stampata, nella primavera del 1584, nell’officina tipografica londinese di John Charlewood. Con ogni probabilità, la Cena vide la luce entro il mese di aprile; John Bossy ipotizza invece nel mese di maggio (J. Bossy, Giordano Bruno and the Embassy Affair, p. 45 Legenda ). Nella diversa redazione del foglio D dell’opera, Bruno sopprimerà – probabilmente a seguito delle prime reazioni negative negli ambienti di corte alla diffusione del contenuto polemico della Cena nei confronti della società inglese – alcune allusioni che potevano collegare la discussione relativa al « convito », promosso da Fulke Greville, con la residenza dell’ambasciata francese, dove Bruno alloggiava sin dal suo arrivo a Londra nella primavera del 1583 (E. Canone, Nota introduttiva a BOI, vol. I, pp. xxxii-xxxv Legenda ). È da segnalare che, nel Sommario del processo, l’accenno « alla tavola d’un Vicerè » (Firpo, Processo, doc. 51, p. 250 Legenda ) è da intendersi come riferimento alla residenza dell’ambasciatore francese. Nella valutazione dell’opera bruniana, la notevole fortuna di cui gode la Cena de le Ceneri è un’acquisizione abbastanza recente della critica, e risale al Novecento. Tra Seicento e Ottocento altri scritti di Bruno sono stati al centro dell’interesse di filosofi e storici, in particolare il De la causa, principio et uno, il De l’infinito, universo e mondi e i poemi filosofici latini. Né si deve pensare che, rispetto a tali preferenze, abbia giocato un ruolo la rarità della editio princeps, essendo altri testi di Bruno ancora più rari della Cena (tra i Dialoghi italiani la palma della rarità spetta alla Cabala del cavallo pegaseo). Va aggiunto che la Cena de le Ceneri è un’opera eccentrica all’interno della stessa produzione bruniana. Giustamente è stato sottolineato, per un’analisi della struttura, dello stile e dell’impasto linguistico del testo, l’utilità di un confronto con il Candelaio, essendo tra l’altro la Cena tra le opere di Bruno in volgare quella che segue immediatamente alla commedia, la quale viene anche menzionata nella Proemiale epistola: « Non d’un Arciprete di Poglano, per una Bernesca. Non d’un Bonifacio Candelaio, per una comedia » (BCC 1584, p. 3nn rr. 25-27). Le implicazioni biografiche e teologiche, che riguardano già il singolare titolo – un titolo penitenziale che gioca fondamentalmente su due livelli: penitenza degli antagonisti, i dottori oxoniensi Nundinio e Torquato, ma anche, con sferzante ironia, penitenza dello stesso filosofo nolano –, nonché l’originalità della scrittura, con la costruzione di ampie sezioni del testo secondo precisi moduli narrativi che sembrano adottati intenzionalmente per eludere una lettura univoca, non hanno favorito una ricezione e una comprensione dell’opera nel suo assieme, nella fitta tessitura di rinvii e allusioni.

Si può inoltre ricordare che, per l’aperta critica che nella Cena si fa alla società inglese del tempo, già la prima accoglienza dell’opera e negli stessi ambienti culturali londinesi che avevano offerto un sostegno al filosofo dopo la sua sfortunata esperienza oxoniense nell’estate del 1583, fu negativa, come egli stesso riporterà: « Dicono di voi Theophilo [alter ego di Bruno], che in quella vostra cena tassate et ingiuriate tutta una cittá, tutta una provintia, tutto un regno » (Causa, ed. 1584, p. 13, in BOI II, p. [505]). Bruno si era recato due volte a Oxford, dal 10 al 13 giugno 1583 – al seguito del conte palatino polacco Olbracht Łaski, tenendovi tra l’altro una pubblica disputa – e nell’agosto dello stesso anno, cominciando un corso di lezioni (vedi BCC 1584, p. 93 rr. 6-7: « Andate in Oxonia et fatevi raccontar le cose intravenute al Nolano […] ») che fu costretto tuttavia a interrompere ben presto, contestato e accusato di plagio. Un’accoglienza così negativa da indurre Bruno a scrivere una difesa dell’opera, che fu aggiunta, come dialogo I, al De la causa e in cui in effetti si conferma che con il « castigo » di Nundinio e Torquato, i « suppositi, che […] hanno porgiuta occasione di […] una cinericia cena » (Causa, ed. 1584, pp. 15-16, in BOI II, pp. [507]-[508] Legenda ), egli voleva colpire trasversalmente quei dottori che lo avevano contestato durante le sue visite a Oxford e, in qualche modo, l’intera università, da lui ritenuta non degna della propria stessa storia, cioè della propria tradizione medievale. Anche per placare l’indignazione da parte di coloro che gli avevano manifestato amicizia, nel De la causa Bruno – riferendosi alla Cena – dichiara: « bramarei, che que’ dialogi non fussero prodotti » (Causa, ed. 1584, p. 16, in BOI II, p. [508]).

Abbiamo notato come la fortuna di cui gode la Cena de le Ceneri sia un’acquisizione della critica risalente al XX secolo. Per tutto l’Ottocento e ancora per una parte del Novecento, Bruno è soprattutto il filosofo del De la causa, principio et uno: il testo riscoperto e amato negli ambienti del romanticismo e dell’idealismo tedeschi, anche grazie alla epitome pubblicata da Friedrich Heinrich Jacobi nel 1789 in appendice alla seconda edizione dei Briefe über die Lehre des Spinoza; un estratto in tedesco che saltava completamente il primo dialogo, ritenuto estraneo alla materia speculativa dell’opera. Filosofi quali Schelling, Hegel, fino a Schopenhauer, Feuerbach, Spaventa (e altri ancora) considereranno proprio il De la causa, per l’elaborazione di una coerente ontologia, la Hauptschrift di Bruno (cfr. E. Canone, Introduzione a Brunus redivivus, pp. xviii-xxvii Legenda ). Del resto, nell’epistola proemiale dell’opera, il filosofo nolano scrive: « Quivi come nel proprio seme si contiene et implica la moltitudine de le conclusioni della scienza naturale. Quindi deriva la intessitura dispositione et ordine de le scienze speculative. Senza questa isagogia in vano si tenta, si entra, si comincia » (Causa, ed. 1584, p. 18nn, in BOI II, p. [486]). L’ontologia del De la causa introduce e chiarisce i termini chiave della bruniana filosofia della natura. La stessa scelta di Giovanni Gentile di ristampare i primi tre Dialoghi italiani di Bruno con il titolo d’assieme di Dialoghi metafisici – scelta da più parti contestata – è, con l’accoglimento della predilezione germanica, un chiaro riconoscimento di tale primato teorico.

Non si può dire che oggi non si riconosca la forza speculativa del De la causa, che con il De l’infinito costituisce la base dottrinale di quella innovativa filosofia della natura che si dispiega dall’ontologia alla cosmologia, fino a prospettare una nuova etica. La Cena de le Ceneri ha tuttavia guadagnato molto terreno: proprio la struttura composita dell’opera – tra letteratura e filosofia – ne ha determinato la fortuna, tanto che, per fare un esempio, nella einaudiana Letteratura italiana è la Cena a rappresentare, anche per le vicende redazionali del testo, il pensiero e la qualità della scrittura di Giordano Bruno. Autore del lungo capitolo è Giovanni Aquilecchia, lo studioso che ha fortemente contribuito a questa notevole affermazione (« La cena de le ceneri » di Giordano Bruno Legenda ). All’origine di tale fortuna – oltre a una mutata sensibilità degli interpreti, la quale ha facilitato la comprensione di un testo tra i più originali e non solo nell’ambito della letteratura filosofica cinquecentesca – ha contribuito la scoperta di una duplice redazione di ampie parti dell’opera che ha evidenziato la peculiarità della Cena nell’intera produzione bruniana, offrendo numerose informazioni sulla situazione del filosofo nolano nel periodo della redazione e della pubblicazione dell’opera, del mutamento della sua posizione rispetto ad alcuni personaggi di spicco della corte elisabettiana e dei termini di un’autocensura che ancora oggi fa discutere. La scoperta ha inoltre gettato luce su alcune abitudini di Bruno scrittore, che si potrebbe dire quasi componesse i suoi testi direttamente in tipografia; si è avuta comunque un’importante conferma del valore di stampe d’autore degli archetipi bruniani.

Infine, una notazione relativa alla Congregazione del Sant’Uffizio in rapporto alla Cena de le Ceneri. I giudici di Bruno durante la fase veneta del processo – nel quinto costituto, del 3 giugno 1592 – chiesero al filosofo: « se nelli suoi scritti facci alcuna mentione della cena delle Ceneri, et quale sia la sua intentione ». Bruno avrebbe risposto: « Io ho composto un libro intitolato La cena delle Cenere, il quale è diviso in cinque dialoghi, quali trattano del moto della Terra; et perché questa disputta io feci in Inghilterra in una cena che si fece il giorno delle Ceneri, con alcuni medici, in casa dell’ambasciator di Francia, dove io stava, io intitolai questi dialoghi La cena delle Cenere, et le dedicai al medesmo ambasciator. Et può esser che in questo libro vi sia qualche errore, ma non mi riccordo ora precisamente; et in questo libro la mia intentione è stata solamente di burlarmi di quei medici et dell’opinion loro intorno a queste materie » (Firpo, Processo, doc. 15, p. 188). Evidentemente l’inquisitore e i membri del tribunale avevano avuto una qualche notizia dell’opera. Tuttavia non è sicuro, come invece è stato sostenuto, che il tribunale – a Venezia come pure a Roma – ebbe l’opportunità di esaminare il testo. Per quanto riguarda il riferimento al titolo, va ricordato che appena il giorno prima, nel corso del terzo costituto (2 giugno 1592), Bruno aveva presentato una lista dei suoi libri (Firpo, Processo, doc. 13, pp. 165-166), ed è probabile che egli stesso indicasse in qualche modo la Cena de le Ceneri, anche se non si può escludere che il tribunale abbia reperito in altra maniera la notizia, per es. da una dichiarazione di un concarcerato a Venezia (forse Celestino da Verona) o di altri (uno dei due librai-stampatori: Giambattista Ciotti e Giacomo Brictano). È stato inoltre segnalato da Firpo che tre censure del Sommario del processo si collegherebbero a specifici temi affrontati nella Cena (vedi Firpo, Processo, pp. 82-84, con riferimento ai paragrafi 256-258 del Sommario: ivi, doc. 51, pp. 302-303), ma si tratta di una ipotesi che non ci sembra condivisibile. È infatti possibile rintracciare luoghi precisi del De immenso (in particolare, nei libri III-IV dell’opera) cui le censure del Sommario possono far riferimento, e sappiamo – questo sì con maggiore sicurezza – che i giudici di Bruno erano in possesso di una copia dei poemi filosofici francofortesi (cfr. Firpo, Processo, p. 74).

4. L’immagine di copertina dell’applicazione BCC 1584

Jordanus Brunus Nolanus. Incisione in rame (mm. 135 x 80), non firmata. Come autore dell’incisione viene indicato Johann Adam Delsenbach o anche Johann Georg Mentzel. Il ritratto fu pubblicato nel 1715 nel fasc. 38 della rivista « Neue Bibliothec », diretta da Nicolaus Hieronymus Gundling.