Dagmar von Wille, Schede bibliografiche (2017), scheda 3
Opere di Giordano Bruno Nolano, ora per la prima volta raccolte e pubblicate da Adolfo
Wagner, dottore. In due volumi. Col ritratto dell’autore, Lipsia, Weidmann, 1830.
L’edizione delle Opere italiane di Giordano Bruno a cura di Adolf Wagner (1774-1835), apparsa
nel 1830 (in realtà, alla fine del 1829; vedi Salvestrini, Bibliografia, n. 6,
p. 32), era un desideratum degli studi bruniani e rinascimentali; ciò «è mostrato anche dal
fatto – come scrisse Giovanni Gentile –, che tre o quattro anni dopo l’edizione era esaurita. Fu quindi per parecchi decenni
assai ricercata» (BDI, p. xl). Prima raccolta in assoluto di tali opere (cioè della commedia Candelaio e dei sei dialoghi filosofici pubblicati a Londra), essa costituì la base testuale della
recezione della filosofia bruniana per gran parte dell’Ottocento; l’edizione fu soppiantata dalla pubblicazione de Le opere italiane di Bruno a cura di Paul de Lagarde (2 voll., Gottinga, 1888-1889). Anche Francesco
Fiorentino ebbe a lamentare la rarità della raccolta wagneriana, nonché di quella delle opere latine (1836) a cura di August
Friedrich Gfrörer «che ora, esaurite, non si trovano neppur più vendibili» (BOL I.1, p. xi). Ludwig
Kuhlenbeck, curatore della prima raccolta in traduzione tedesca delle opere italiane di Bruno, nonché di alcuni suoi scritti
latini e atti processuali, non poteva che rincarare la dose: «Doch zählt selbst diese Ausgabe jetzt schon zu den
bibliographischen Raritäten und ist nur noch antiquarisch für hohe Preise zu haben» (Vorwort des
Übersetzers, in G. Bruno, Die Vertreibung der triumphierenden Bestie, ins Deutsche übertragen
von L. Kuhlenbeck, Leipzig, 19042, p. 5). Quella di Wagner era, quindi, un’edizione ben nota, anche se più
che altro famigerata; un lavoro «tradizionalmente menzionato non senza espressioni vituperose» (G. Aquilecchia, L’ecdotica ottocentesca delle opere italiane di Bruno, in Brunus redivivus. Momenti
della fortuna di Giordano Bruno nel XIX secolo, a cura di E. Canone, Pisa-Roma, 1998, p. 2), le cui manchevolezze sul
piano filologico furono oggetto di critiche sferzanti. Dopo un generale riconoscimento a Wagner per aver messo a disposizione,
due secoli e mezzo dopo l’apparizione delle stampe originali, le ormai pressoché introvabili opere italiane di Bruno, si passa
ben presto a evidenziare le pecche della ristampa. «Indulgenza, dunque, sì; ma indulto, no», esclama Vittorio Imbriani nel suo
pamphlet contro «il sor Adolfo», Natanar II, dedicato a un’analisi puntuale
del Candelaio nell’edizione lipsiense, di fronte a «un Bruno adulterato, una zozza stomachevole», perché
«lo scempio degli scritti del Nolano non vada impunito» (Natanar II. Lettera al comm. Francesco Zambrini sul
testo del Candelaio di Giordano Bruno, Bologna, 1875, pp. 4-5). Fiorentino, pur concedendo che
«i dotti tedeschi furono i primi a riconoscere il pregio della filosofia bruniana», ed esprimendo «riconoscenza verso la nazione
tedesca, pei meriti che ha verso del nostro Nolano», attribuisce a Wagner una imperizia della lingua italiana nonché «una certa
sbadataggine, che non merita scusa» (BOL I.1, pp. xi-xii). Lagarde ammette che Wagner con la sua edizione
abbia fornito al pubblico la propria, quand’anche piuttosto scarsa, conoscenza delle opere italiane di Bruno, riconoscendo
tuttavia che, quanto a precisione filologica, nel 1830 corressero altri tempi (P. de Lagarde, [Relazione sui
criteri della propria edizione], in Le opere italiane di Giordano Bruno, cit., vol. II, p. 770.
La relazione, che non reca titolo, apparve anche nelle «Göttingische gelehrte Anzeigen», 1889, 1, n. 4).
Scheda storico-bibliografica su
Giordano Bruno, Cabala del cavallo pegaseo [1585], ed. A. Wagner, 1830