di Eva Del Soldato

1496/1497

Simone Porzio nasce a Napoli nel dicembre 1496 (o 1497), e trascorre un’agiata infanzia in una villa di Posillipo. Il giovane Simone avvia i suoi studi a Napoli, anche se già intorno al 1519 è a Pisa, dove diviene in breve tempo l’allievo prediletto di Agostino Nifo (1473-1546), che insegnava nella università della città toscana.

1520-1529

 Porzio ottiene il dottorato in arti e medicina nel 1520, e nel 1522 quello in teologia. Fino al 1525 il giovane professore rimane a Pisa, poi segue presumibilmente Nifo a Salerno alla corte di Ferrante Sanseverino (nel 1527 si ha notizia di un incarico di lettore presso lo Studium di Salerno, conferitogli dal Sanseverino), e quindi nel 1529 all’università di Napoli. Di questa lunga parentesi meridionale sappiamo che Porzio teneva corsi sulla Physica e sul De Anima.

1529-1542

 Presso lo Studio napoletano Porzio ottiene incarichi accademici fino al 1536: nel 1529-1530 insegna filosofia, nel 1531-1532 metafisica e filosofia, nel 1532-1533 fisica e nel 1533-1536 filosofia. Nel frattempo si unisce in nozze con la ricca patrizia Porzia D’Anna, la quale muore intorno al 1537 dopo avergli dato sei figli fra i quali il noto storico Camillo e Antonio, futuro vescovo di Monopoli. Agli anni napoletani risalgono poche e brevi opere, fra le quali le manoscritte Sull’affetti (rimasto incompiuto alla fine degli anni Venti e concluso poi in Toscana intorno al 1546-1547) e De fato, e tra le opere a stampa il De celibatu (1537), il De conflagratione agri puteolani (1538), il De puella germanica (1542). Alle opere appena citate va aggiunto il Cristianae [sic] deprecationis interpretatio la quale, uscita anonima, sarà ristampata a Firenze più di dieci anni dopo, e non solo con un titolo diverso. In quegli anni si lega con uno stretto legame di amicizia a Girolamo Seripando (1507-1574).

Per quanto grazie alla sua attività di docente e alla fama della sua straordinaria cultura fosse circondato – come filosofo e anche come medico – dall’ammirazione del mondo culturale cittadino e in particolare dello stesso Viceré Pedro di Toledo, Porzio non si trovava del tutto a suo agio nell’ambiente napoletano.

1544-1546

Dopo aver già tentato nel 1538 di trasferirsi a Roma, soffocato nel «purgatorio» napoletano dove ormai iniziava a stendersi il «velo dell’incultura spagnuola» imposto da don Pedro, è infine nel 1544 che Porzio riuscì a lasciare rocambolescamente Napoli, accettando l’invito di Cosimo de’ Medici che stava rinnovando proprio in quegli anni il decaduto ateneo pisano. Cosimo offrì a Porzio una splendida villa e il titolo di professore sopraordinario che gli garantiva «constituto annuo mille et quingentorum aureorum stipendio». Dal 1545 al 1553 il filosofo costituì dunque uno dei massimi richiami dell’ateneo pisano, sebbene le sue lezioni – decisamente complesse – non ottenessero secondo alcuni il favore generale. Sappiamo però che molto apprezzate furono le sue lezioni sull’Anima. Cosimo I incoraggiò le ricerche naturalistiche del filosofo, in particolare la realizzazione di un catalogo di pesci – rimasto però incompiuto – al quale aveva collaborato anche Francesco Bacchiacca (1494-1557) con alcuni disegni. Il favore di cui godeva presso Cosimo spinse poi Porzio a partecipare fin dal 1546 all’istituzione intorno alla quale si accentravano in quegli anni gli interessi del duca, l’Accademia Fiorentina. La frequentazione col mondo degli accademici fu fondamentale per la produzione successiva del filosofo napoletano, in quanto gli permise di conoscere colui che sarebbe divenuto il suo abituale collaboratore negli anni successivi: Giovanbattista Gelli (1498-1563), che tradusse in volgare alcune opere di Porzio da poco pubblicate, oltre che il De puella germanica.

1548-1552

 Negli anni toscani uscirono le principali opere di Porzio: una traduzione latina con commento al De coloribus (1548), del quale il filosofo napoletano dimostrava con ammirevole perizia filologica la falsa paternità aristotelica; il De coloribus oculorum (1550), che mescolava fisiognomica e trattazione medica sulla scia delle opere naturali di Aristotele; il De dolore (1551), di carattere medico; l’An homo bonus vel malus volens fiat (1551), dove affrontava non senza inquietanti prospettive il tema del libero arbitrio; il De mente humana (1551), di radicale ispirazione mortalista e che presenta un’originale elaborazione dell’esegesi alessandrista. L’anno seguente sarebbe uscita la nuova versione di quell’Interpretatio apparsa anonima a Napoli, la Formae orandi christianae enarratio, ampliata con uno scolio al Vangelo di Giovanni, che presentava temi vicini alla sensibilità valdesiana. Vanno poi aggiunti i testi che invece rimasero manoscritti, per quanto richiamati spesso nelle opere a stampa come il già citato Sull’affetti (con i complementari trattatelli sugli occhi, sulla mano e su un sonetto petrarchesco). Se il clima della Toscana favoriva quindi l’ispirazione del filosofo, non altrettanti effetti benefici aveva sulla sua salute: per questo, forse dopo aver già cercato nel 1550 di andare a Salerno, nel 1552 Porzio tornava infine a Napoli. Il filosofo ormai molto malato non avrebbe più lasciato la città natale, dove avrebbe voluto abbandonare definitivamente l’insegnamento per ritirarsi nella sua splendida villa di Posillipo. A quanto pare proseguì però l’attività accademica – sia dalla cattedra, sia tra le mura di casa – dando alle stampe ancora un’opera, il De rerum naturalium principiis, già terminato in Toscana destinato a successive ristampe.

1554

 Come annotò tristemente Girolamo Seripando sul suo diario, il 27 agosto 1554 Porzio morì: proprio a lui il filosofo avrebbe lasciato in eredità la sua ricchissima biblioteca, entrata nelle collezioni disperse di Santa Maria della Consolazione.

 

Bibliografia

Fonti

Firenze

Archivio di Stato

Fondo dello Studio fiorentino-pisano

Fondo Mediceo del Principato

Biblioteca Nazionale Centrale

Forlì

Biblioteca Comunale Aurelio Saffi

Fondo Piancastelli

Milano

Biblioteca Ambrosiana

Napoli

Archivio di Stato

Biblioteca Nazionale Centrale

Parigi

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