di Emilio Sergio

1470

A Serra Pedace, uno dei casali cosentini, nasce Giovanni Paolo Parisio, da Tommaso Parisio, affermato giureconsulto, e Bernardina Poerio.

Il giovane Parisio riceve la sua prima educazione dagli umanisti che animarono la vita culturale cosentina negli ultimi decenni del xvi secolo, cioè, Crasso Pedacio e Tideo Acciarino Piceno. Della presenza di Tideo Acciarino a Cosenza reca testimonio una lettera di quest’ultimo ad Angelo Poliziano (1454-1494), la cui data (1480) si desume dal testo di un’altra lettera del Poliziano a Filippo Beroaldo, datata 1 Aprile 1494 (A. Politiani, Opera, Epistolarum libri septem et miscellaneorum centuriam unam complectens, Lugduni, Sebastianus Gryphius Germanus, 1528, vol. 1, pp. 154-159 e 188). Tideo Acciarino si trasferisce a Cosenza per insegnare greco e latino nel 1481, dopo avere esercitato la professione di insegnante a Ragusa, in Dalmazia, dal 1477 al 1480. A Cosenza egli restò almeno per un decennio. Sulla permanenza di Tideo Acciarino a Cosenza, G. Praga (Dizionario Biografico degli Italiani, vol. 1, Roma, Istituto della Enciclopedia Italiana, 1960, p. 97) dice che «nel 1490 lo troviamo a Montesanto nelle Marche». Dopo di che non si hanno più sue notizie.

1491

Tra novembre e dicembre, Parrasio si reca una prima volta a Napoli, dove conosce Giovanni Pontano (1429-1503), fondatore dell’Accademia Pontaniana, e molti altri membri illustri dello Studium e dell’intellettualità napoletani, come Francesco Pucci (1436-1512), Iacopo Sannazaro (1456-1530), Aurelio Bienato (?-1496), Gabriele Altilio (1440-1501), Mario Equicola (1470-1525), Elio Gorgonio, Giano Anisio (1465-1540), Antonio Seripando (1476-1531). A questi egli dedica la celebre Oratio ad Patritios Neapolitanos (Biblioteca Nazionale di Napoli, ms. Neap. V D 15).

1499-1500

Agli inizi del 1499 Parrasio giunge a Milano, e cerca di impiegarsi come precettore. Conosce Alessandro Minuziano (1450-1522), di venti anni più grande di lui, che al tempo dirigeva una biblioteca e una pensione. Minuziano riconosce subito le doti del cosentino, e lo assume come «hypodidascalos». In cambio della sua collaborazione Parrasio viene alloggiato nel suo pensionato, e messo a vitto con gli allievi che doveva istruire. In seguito inizierà a rendere al Minuziano servigi importanti, come la composizione di versi latini che il Minuziano presentò come propri ai suoi mecenati. Ciò gli valse una pensione annuale di 40 scudi d’oro.

Il Minuziano era malvisto dai suoi colleghi delle scuole palatine: ad esempio da Emilio Ferrari, che l’accusava di avere manipolato e stravolto Cicerone nell’edizione che il Minuziano ne aveva dato, in quattro volumi, nel 1498-1499. Il Ferrari lo attaccò con degli epigrammi, e il Minuziano ricorse nuovamente al Parrasio per rintuzzare gli attacchi del suo avversario con altri epigrammi. Sempre presso il Minuziano, Parrasio ebbe come suo allievo il giovane Catelliano Cotta (1484-1553), il quale si legò subito al suo maestro e lo volle come precettore.

1501

Nel 1501 il Parrasio abbandonò il ruolo subalterno offertogli da Minuziano, per occuparsi unicamente dei suoi lavori filologici. Il 17 aprile ottiene un privilegio per l’edizione dei suoi commentari sul poema di Claudiano, De Raptu Proserpinae, che fu dedicato al Cotta. L’opera fu stampata presso Lucio Cotta, probabilmente nel 1501, data del privilegio, insieme ai poemi di Prudenzio (Sedulii Carmen Paschale et Aurelii Prudentii Poemata, impressum Mediolani sumptibus Iani et Catelliani Cottae). Essi furono dedicati al napoletano Michele Rizzi, membro del nuovo Senato milanese.

Con l’arrivo dei Francesi, il Ferrari fu costretto a lasciare Milano. La partenza di Ferrari lasciava libera la cattedra di eloquenza delle scuole palatine. Parrasio la richiese e la ottenne da Georges d’Amboise, con un atto del 14 agosto 1501. La cattedra fu tenuta dal Parrasio fino all’anno accademico 1506/1507 (F. Lo Parco, Aulo Giano Parrasio e Andrea Alciato, «Archivio Storico Lombardo», xxxiv, vol. vii, 1907, fasc. 13, pp. 159-157, qui p. 165). L’evento fu recepito non senza invidia dal Minuziano, anche perché, in breve tempo, il Parrasio cominciò a mostrare il proprio talento, e gli allievi cominciarono a disertare le lezioni del Minuziano per seguire quelle del Parrasio. Tra i due umanisti cominciarono a sorgere attriti, fino alla disputa, che si tinse di toni accesi, polemici e denigratori, soprattutto da parte del Minuziano, che accusava il Cosentino d’esser fuggito da Napoli reo di omicidio, fino all’accusa più infamante, cioè quella di pederastia.

1502

Per le cure di Catelliano Cotta esce l’opera De viris illustribus, attribuita a Cornelio Nepote. Il Cotta non esita a riconoscere nella prefazione la parte considerevole che aveva avuto il Parrasio nella realizzazione dell’opera.

Verso la fine dell’anno, a Milano scoppiò un’epidemia di peste, e le lezioni dovettero sospendersi fino all’anno successivo. Parrasio riprese il suo corso di lezioni nell’anno accademico 1503-1504. Come scrive il Delarouelle, «il suo nome ha un posto d’onore in quelle poesie latine dell’epoca che sono come un giornale della vita milanese» (L. Delarouelle, Un professeur italien d’autrefois. Le séjour à Milan d’Aulo Giano Parrasio, «Archivio Storico Lombardo», xxxii, vol. iii, 1905, fasc. 5, pp. 152-171, qui p. 161). Uno dei più accesi difensori del Parrasio fu, in quegli anni, Giovanni Biffi (1464-1516).

Sin dal 1502, il Parrasio ebbe bisogno del favore del governo francese. Uno dei suoi primi mecenati, di cui divenne intimo confidente, fu Étienne Poncher, vescovo di Parigi, presidente del Senato di Milano, e cancelliere del ducato della stessa città. Fu lo stesso Poncher a procurare al Parrasio un manoscritto inedito dei grammatici latini, che fu pubblicato nel 1504. Al Parrasio il Poncher affidò l’istruzione di suo nipote, François Poncher (a quest’ultimo Parrasio dedicherà nel 1503 una edizione delle Metamorfosi di Ovidio. Nella lettera di prefazione, Emilio Merula definisce il Poncher «assiduum Iani auditorem»).

1503-1504

In questo periodo Parrasio conosce Demetrio Calcondila (1423-1511), celebre grecista, e di lì a poco il Cosentino maturò il proposito di sposarne la figlia Teodora (fl. 1490-1522). Il Calcondila era allora abbastanza influente nell’ambiente milanese. Grazie anche alla mediazione del Calcondila, il Parrasio entrò in contatto con altre figure dell’intellettualità e della classe politica lombarda, come Andrea Alciato (1492-1550), Gian Giorgio Trissino (1478-1550), Gian Giacomo Trivulzio (1441-1518). A quest’ultimo il Parrasio dedicò una Praefacio ad Caesaris Commentaria in Laudem Io. Iaco Tribulcii (ms Vat. Lat. 5233, ff. 131r-v, 132r, 167r). In una sua lettera, invece, l’Alciato afferma d’aver seguito, «adhuc puerulus», i corsi del Parrasio per tre anni, dal principio del 1504 alla fine del 1506 (cfr. F. Lo Parco, op. cit., p. 164 e nota 2).

Nel 1504 il Poncher fu richiamato in Francia, e al suo posto fu eletto Jeffroy Charles. Charles seguì l’esempio del suo predecessore, coltivò con il Parrasio l’interesse per la geografia e per le antiche fonti geografiche, e arricchì la collezione del Parrasio con l’acquisto di numerosi libri. Jeffroy Charles divenne in breve tempo il punto di riferimento per poeti, letterati e uomini di scienza dell’ambiente lombardo-veneto. Aldo Manuzio fu tra i suoi più illustri commensali.

Nell’ambiente culturale ricreatosi col Charles, ricominciarono anche le ostilità e le polemiche fra Parrasio e il Minuziano. A riaprire la querelle fu l’edizione curata dal Parrasio delle opere di Claudiano e di Tito Livio. Il Delarouelle spiega con dovizia di particolari i rapporti intercorsi fra Charles, Parrasio, Minuziano, Michele Rizzi e il Senato milanese. Alcune circostanze salienti, relative a questo periodo, e all’entità di tali rapporti, sono desunte da due lettere inviate da Parrasio al filologo e umanista Giovan Battista Pio (1460-1540), (citate nel volume di F. Iannelli, De vita et scriptis Auli Jani Parrhasii Consentini, philologi saeculo xvi, celeberrimi, Neapoli, Aloysii Banzolii, 1844, pp. 167-170, 175).

1505

Già nel 1505 il Parrasio sente di non godere più né del clima né del favore degli anni precedenti; di fronte alla crescente ostilità del Minuziano, e nonostante i tentativi di dissuasione intrapresi da Étienne Poncher, Parrasio cominciò a maturare il desiderio di lasciare il capoluogo lombardo.

1506-1507

Nell’autunno del 1506, Parrasio continua ad occupare la sua cattedra presso le scuole palatine, dietro il compenso di duecento scudi d’oro. Nei primi mesi del 1507, tuttavia, egli lascia Milano per raggiungere Vicenza. Della sua presenza a Vicenza rimane una Oratio ad Municipium Vicentinum (ms. Neap. V D 15; cfr. F. Lo Parco, Aulo Giano Parrasio. Studio biografico-critico, Vasto, Tip. Anelli, 1899, pp. 167-171).

Il Delarouelle ipotizza che nel suo ultimo soggiorno milanese il Parrasio abbia potuto insegnare anche presso l’Università di Pavia, poiché «un editto del 7 settembre 1506 ingiungeva agli studenti milanesi di andare a studiare all’università di Pavia». La notizia non è confermata da fonti più precise e attendibili (lo studioso cita al riguardo uno studio di Léon G. Pélissier, Documents pour l’histoire de la domination française dans le Milanais (1499-1513), Toulouse, Imprimerie et librairie E. Privat, 1891, p. 148). Più attendibile è invece la ricostruzione del principale movente che spinse il Parrasio a trasferirsi a Vicenza: «egli [Parrasio] aveva conosciuto a Milano un giovane nobile vicentino che veniva a studiare il greco presso Demetrio Calcondila; era [Gian Giorgio] Trissino, il futuro autore della Sophonisbe» (L. Delarouelle, op. cit., pp. 168-169). Il nobile vicentino «vide che Parrasio era disgustato da Milano e cercava di lasciare la città; egli s’impegnò per attirarlo a Vicenza e gli servì certamente come intermediario presso il municipio vicentino» (ivi, p. 169). A Vicenza il Parrasio restò per due anni.

1509

Il 14 maggio 1509, presso Agnadello, ha luogo la celebre battaglia tra Francesi e Veneziani, che deciderà le sorti della guerra della Lega di Cambrai. La battaglia si chiude con la disfatta dei Veneziani e la vittoria delle milizie di Luigi xii e del generale G.G. Trivulzio. È intorno a tale periodo che si può far risalire la partenza di Parrasio da Vicenza. Le fonti biografiche riportano che egli si rifugiò dapprima a Venezia, poi si spostò, probabilmente nello stesso anno, a Padova, per insegnarvi. Ma anche a Padova il suo soggiorno sarà breve, come il suo insegnamento: a causa di un peggioramento delle sue condizioni di salute (già da tempo egli soffriva di gotta), è costretto a ricoverarsi presso le terme di Abano. Risalgono a questi anni le prime testimonianze attestanti la fattiva presenza e collaborazione di un suo allievo, Giovanni Antonio Cesario (fl. 1504-1519), citato spesso come «hypodidascalos», che durante i suoi momenti di convalescenza lo sostituirà nelle funzioni di insegnante e di precettore. Il Cesario si trovava probabilmente insieme al Parrasio già nel corso del suo soggiorno milanese; ma è al 1509 che risale una prima epistola, inviatagli «ex Aponi balineis» (F. Lo Parco, Aulo Giano Parrasio. Studio biografico-critico, cit., p. 68). Da questo momento in poi, troviamo nell’epistolario del Parrasio notizie più copiose e significative riguardo a quest’altra importante figura della cultura cosentina.

1510

Non più tardi dell’autunno del 1510, Parrasio fa ritorno a Venezia. Nel capoluogo veneto egli si impossessa di una collezione di oltre cento libri e codici antichi (di proprietà del bibliofilo Lucio Vittore Falconio, 1490?-1546), che recherà con sé nel suo viaggio di ritorno in Calabria. Dopo aver raggiunto le coste calabresi, Parrasio attraversa in nave lo stretto di Messina, e risale fino a Napoli, ove resta solo per pochi mesi (dal dicembre 1510 al febbraio del 1511).

Non sappiamo con certezza né quando né come la preziosa ‘libraria’ raggiunse la città di Cosenza. Di certo è che, nel corso del suo viaggio in mare, lungo le coste calabresi, la nave su cui Parrasio si trovava insieme a Giovanni Antonio Cesario fu assalita da pirati siciliani. Lo ricorda lo stesso Parrasio in un significativo passaggio della sua prefazione al commento delle lettere di Cicerone ad Attico, risalenti al soggiorno romano 1516-1517. La prefazione è anche il primo documento che attesta l’avvenuto trasferimento della sua biblioteca: «nec etiam querar instructissima librorum suppellectili quinquies [...] spoliatum, partim praedonibus immissis qui mare siculum redderent infestum, partim qui pluris utilitate quam depositi religionem facerent» (A. Jani Parrhasii Oratio ante praedectionem epistularum Ciceronis ad Acticum [1516-1517], Neap. Vat. Lat. 5233, c. 160v. Cfr. S. Mattei, Quaesita per epistolam, Neapoli, Simonis Fratribus, 1771, p. 224; C. Tristano, La biblioteca di un umanista calabrese: Aulo Giano Parrasio, Manziana, Vecchiarelli, 1988, pp. 16-17).

marzo-maggio 1511

Nel marzo del 1511 Parrasio fa ritorno in Calabria. Le prime località calabresi ricordate nel suo epistolario (Epistolae Parrhasii, 1523) sono l’odierna Villapiana («ex Casali Novo») e Castrovillari. Dalla quarta delle Epistolae Parrhasii (c. 60r), si apprende che dopo il 13 febbraio 1511, Parrasio si accinse a lasciare Napoli («nihil ad huc habeo constitutum quam diu Neapoli sim futurus»), sebbene egli non si sia mosso da lì prima del 31 marzo, com’è attestato dalla quinta delle Epistolae (cc. 61r-v). In quest’ultima lettera, spedita a Cosenza a Giovanni Antonio Cesario, Parrasio chiede al Cesario se abbia ricevuto la sua ultima, e promette all’amico di partire per Castrovillari e di giungere infine a Cosenza. Leggiamo dalla traduzione di Lucia Gualdo Rosa: «Se hai ricevuto la lettera che ti avevo spedito da Napoli il 31 marzo scorso, devi essere ormai in attesa del mio arrivo; ma, ecco, ho mantenuto la mia promessa e domani, giorno in cui si celebra la festa dello Spirito Santo – la chiamano Pasqua Fiorita – partirò per Castrovillari e di lì, direttamente a Cosenza» (L. Gualdo Rosa, Un decennio avventuroso, 2005, p. 32). La presenza del Cesario nel capoluogo calabro prima della venuta del Parrasio ci suggerisce che, una volta giunti in nave, da Venezia, presso le coste calabresi, i due decisero di dividersi, dirigendosi l’uno a Cosenza col prezioso carico, l’altro a Napoli.

luglio-agosto 1511

Parrasio dà vita a Cosenza ad una scuola di greco e di latino per l’educazione dei giovani rampolli dell’aristocrazia cosentina. Il fatto è accertato da una lettera inviata a Vincenzo di Tarsia (ca.1480/1490-1530), barone di Belmonte, padre del poeta Galeazzo di Tarsia (ca.1510/1520-1553): «Remittiret aliquid de iudicio suo Lucilius, et, qui Lucilio subscripsit, Cicero, si viverent hac aetate: iuventutemque Cosentinam bonarum artium studiis cum quavis Italiae civitate certantem viderent» (Iani Parrhasii Liber De rebus per epistolam quaesitis, Parisiis, Henricus Stephanus, 1567, p. 62; cfr. S. Mattei, Quaesita per epistolam, Neapoli, Simonis Fratribus, 1771, p. 110).

La lettera prosegue con una precisa e dotta ricostruzione delle nobili ed antiche origini della terra dei Bruzi, attraverso il rinvio a diverse fonti storiche. Sono collegate a questo primo importante documento della storia delle istituzioni culturali in Calabria altre due lettere (situabili, grosso modo, nel lasso di tempo che va dal 1511 al 1515), anch’esse pubblicate nell’epistolario del 1567 per le cure di Henricus Stephanus: la prima è indirizzata «Andreae Puliano Cosentino» (ne rechiamo qui uno stralcio: «Dicam quod sentio, nec plus apud me respectus alienae famae quam veteris amicitiae valebitinter nos a teneris annis institutae: quum to praesertim Consentinos instituas meos, quibusque non nisi selectissima quaeque tradi velim: quod abste pro tua virili parte fieri, vel ex eo mihi persuaserim, quod abstrusa poetarum sensa [...] si tuo marte non assequeris, ad amicos refers», De rebus per epistolam quaesitis, p. 67); la seconda è indirizzata a «Crasso Pedacio Cosentino», il suo antico maestro e istitutore. Entrambe le lettere testimoniano la duplice volontà, da parte del Parrasio, di dare corso ad una nuova tradizione di studi umanistici, attraverso il suo contributo di insegnante e di filologo, e di ricordare e sottolineare la stretta continuità esistente tra il suo presente, il risveglio umanistico cosentino risalente agli anni della sua formazione, cioè gli ultimi decenni del xv secolo (quand’erano presenti, a Cosenza, per l’appunto, figure come Tideo Acciarino Piceno e Crasso Pedacio), e le nobili origini magno-greche della cultura calabrese. Non è un caso che, nella lettera al Pedacio, quest’ultimo venga equiparato dal Parrasio alla figura più importante ed emblematica della cultura magno-greca, cioè Pitagora: «Ut enim ciconiae parentibus aetate confectis alimenta, sic ego tibi parem studiorum gratiam pro virili parte referam; tamesti nulla fatis referri potest, ut inquit Plato. Tu me puerum literis imbuisti: tu, quasi Pythagoras, ex ore totiusque corporis filo optima de me concepta spe, pollicebaris evasurum, quatenus utinam, priusquam fato concedam, liceat evadere» (ivi, p. 68).

Sempre nel 1511, muore Demetrio Calcondila.

autunno 1514

Alla fine del settembre del 1514 il Parrasio si trova a Pietramala (l’odierna Cleto); ed è in questa località che egli riceve, con data 28 settembre, un rotulus papale, in cui Leone X lo ordinava a tenere dei corsi per la cattedra di eloquenza nello Studium romano (Epistolae Parrhasii, xiii, ff. 66v-67r). L’invio del breve papale gli era stato verosimilmente annunciato dal cognato, Basilio Calcondila. Il decreto papale indicava che le lezioni del Parrasio avrebbero dovuto avere inizio nel mese di febbraio; è dunque plausibile pensare che la data del trasferimento di Parrasio a Roma risalga al 1515 (C. Tristano, op. cit., pp. 12-13).

febbraio-marzo 1515

Parrasio inizia il suo ciclo di lezioni presso lo Studium Urbis. L’insegnamento di Parrasio durerà fino al 1518-1519. In assenza del Parrasio, la vita culturale cosentina sarà animata dalla presenza di Giovanni Antonio Cesario, Vincenzo di Tarsia, di Antonio Telesio (almeno fino al 1517-1518), di Giovan Battista Martirano e di altri intellettuali e mecenati.

1515-1516

Parrasio comincia a frequentare diverse personalità di rilievo della cultura romana, che gravitano tra lo Studium, l’ambiente della Biblioteca Vaticana e la corte pontificia. Tra esse meritano di essere ricordate Luca Gaurico (1475-1558), matematico, trasferitosi a Roma con il fratello Pomponio (1481/1482-1528/1532) sin dal 1509 (Luca Gaurico è ricordato dal Parrasio, nella su citata Oratio ante praedectionem epistularum Ciceronis ad Acticum, come «astrologum nostri temporis eminentissimum, certa matheseos ratione», Ms. Vat. Lat. 5233, f. 160v); Gian Giorgio Trissino (1478-1550), il suo vecchio amico vicentino; Giano Lascaris (1445-1534/1535), il celebre cercatore di manoscritti antichi che aveva contribuito negli anni ad arricchire le biblioteche di Lorenzo de’ Medici e di Luigi XII; Tommaso Fedra Inghirami (1470-1516), prefetto della Biblioteca Vaticana. I rapporti esistenti con questi ultimi due sono confermati da due lettere pubblicate nel Liber De rebus per epistolam quaesitis (1567, pp. 1-5 e 34-35).

Nel 1516, a Roma, muore Basilio Calcondila (1490-1516), figlio di Demetrio, titolare presso lo Studium Urbis della cattedra di greco. E nello stesso anno muore anche Tommaso Fedra Inghirami (1470-1516), prefetto della Biblioteca Vaticana. Quest’ultimo incarico sarà affidato a Filippo Beroaldo il giovane. In quegli stessi anni, Agostino Nifo (1473-1546) ricopre la cattedra di filosofia presso lo Studium. E dal 1517 si trova a Roma anche Paolo Giovio (1486-1552), al servizio del cardinale Giulio de’ Medici.

Sempre a Roma, il Parrasio cominciò ad occuparsi della prima istruzione del giovane Camillo Capilupi (1504-1547), affidatogli dalla patrona e istitutrice di quest’ultimo, Isabella d’Este di Gonzaga (1474-1539), duchessa di Mantova.

1519

Parrasio si reca a Napoli, dove ritrova il vecchio amico Antonio Seripando (1476-1531), fratello maggiore del cardinale Gerolamo (1493-1563).

Sempre nel 1519, Parrasio riceve una lettera da parte di Isabella d’Este di Gonzaga, nella quale quest’ultima dichiara di non poter inviare a Napoli il giovane Camillo Capilupi (1504-1547), allievo del Parrasio durante la sua permanenza a Roma. Camillo è il secondo di tre figli, Lelio (1497-1560) e Ippolito (1511-1580). Il padre, Benedetto Capilupi (1461-1518), fu segretario particolare e consigliere dei Gonzaga fino al 1518. La lettera, ben nota agli storici della letteratura italiana, è stata pubblicata di recente da Lucia Gualdo Rosa, che riferisce che il giovane Camillo «aveva pregato la marchesa di concedergli di seguire quel maestro “homo de grandissima dextreza ad insignar et gustando per el suo mezo la dolceza de le lettere latine e greche e tractandome non altramente che suo proprio figliolo, mal volontiera mutaria preceptore» (L. Gualdo Rosa, Un decennio avventuroso, p. 35).

Non è chiaro in quale periodo compreso tra la fine del 1519 e il 1520 (se non il 1521) Parrasio faccia ritorno a Cosenza. Certo è che furono le sue peggiorate condizioni di salute ad indurlo a sospendere i corsi presso lo Studium romano, e a recarsi, prima a Napoli, e poi, infine, a Cosenza. È possibile che dopo un primo periodo di convalescenza a Napoli, in compagnia del Seripando, il Parrasio venga portato a Cosenza a seguito di un ulteriore aggravamento della sua malattia.

18 settembre 1521

Parrasio è ormai a Cosenza: quasi morente, redige il suo testamento.

29 novembre-6 dicembre 1521

La prima stesura del testamento è integrata da un’aggiunta.

Parrasio si spegne nei giorni immediatamente successivi, compresi tra il 30 novembre e il 6 dicembre. Nel testamento si dichiara la volontà di cedere la sua ricca collezione di libri e di codici antichi all’amico Antonio Seripando, che si occuperà in seguito di trasferire il prezioso patrimonio librario a Napoli.

Il 6 dicembre 1521, la vedova del Parrasio, Teodora Calcondila, per ottemperare alle ultime volontà del marito, fa inventariare i libri e le carte manoscritte nel convento di S. Francesco d’Assisi in Cosenza, in presenza del notaio Francesco di Salerno e del guardiano dei minori Bernardino da Reggio.

L’episodio è ricordato da C. Tristano (op. cit., pp. 34-36), che riporta per esteso la trascrizione delle due parti (datate rispettivamente 18 settembre e 29 novembre 1521) del testamento parrasiano e la premessa all’inventario dei libri (ms Neap. Lat. 61 olim Vind. Lat. 5559, cc. 29r-31v). Di quest’ultimo, cfr. in partic. c. 31r: «qui libri fuerunt inventariati post mortem dicti domini Parrhasii per me notarium, ad instanciam dicte domine Thiadore et in presencia dicti venerabilis fratris Bernardini de Regio guardiani, ut dixit, Santi Francisci de Cusencia [...] allora volimo che ditti libri siano del convento de Santo Francisco de Cusenza [...] li quali per futuro siano posti in libraria ordinata del dicto convento et non possano né venderli, né imprestare, né per alcuno modo altro».

Una volta trasferito a Napoli, il materiale librario venne utilizzato dal Seripando «per le sue lezioni presso gli “horta carboniana”», cioè nel convento di S. Giovanni a Carbonara (C. Tristano, op. cit., p. 17). In questa nuova sede, la ‘libraria’ parrasiana costituirà, insieme alle collezioni di molti altri letterati e umanisti (Sannazaro, Martirano, Capece), il nucleo originario del patrimonio librario che confluirà, alla fine del xviii secolo, nella Biblioteca Borbonica. È sempre la Tristano a ricordare che «L’umanista napoletano, [...] già nel 1526 volle che i suoi libri, pur rimanendo di sua proprietà, venissero conservati nella biblioteca dei confratelli agostiniani di S. Giovanni a Carbonara; in tal senso pare esprimersi una lettera conservata nel ms Neap. Lat. 61, c. 15r, indirizzata a Placido di Sangro, datata Sorrento, 7 aprile 1526». La preziosa donazione fu esaltata dai contemporanei del dotto napoletano, come Giano Anisio (Varia poemata et satyrae. Ad Pompeium Columnam cardinalem, Neapoli, per Ioannem Sultzbacchium Hagenovensem Germanum, 1531, lib. iv, p. 93) e Gerolamo Carbone «Augustino Nipho Medice philosophorum primario Hieronymus Carbo», Elegia xxx, vv. 49-52 (C. Tristano, op. cit., p. 18).

 

Bibliografia

Ci limitiamo a citare di seguito, in ordine cronologico, alcuni studi e le raccolte documentali più significative.

Epistolae Parrhasii, Neapoli, in aedibus Joan. Pasq(ueti) per Dominicum Pasquetum Neapolitanum prope divam Annunciatam accuratissime impressae, anno domini 1523 (codice conservato presso la Biblioteca Oratoriana dei Gerolamini di Napoli, ms. G xxviii 1 62 olim Pil. xi 2; oggi in attesa di notizie sulla sua esistenza, a causa dell’ingente furto subito dalla Biblioteca nel 2011).

Iani Parrhasii Liber De rebus per epistolam quaesitis, Parisiis, Henricus Stephanus, 1567.

Quaesita per epistolam, a cura di S. Mattei, Neapoli, Simonis Fratribus, 1771.

De vita et scriptis Auli Jani Parrhasii Consentini, philologi saeculo xvi, celeberrimi, a cura di C. Iannelli, Neapoli, Aloysii Banzolii, 1844.

E. Martini, Sui codici napoletani restituiti dall’Austria, «Atti della Regia Accademia di Archeologia, Lettere e Belle Arti», ix, 1924, pp. 158-182.

D. Gutiérrez, La Biblioteca di S. Giovanni a Carbonara di Napoli, «Analecta Augustiniana», xxix, 1966, pp. 59-212.

C. Tristano, La biblioteca di un umanista calabrese: Aulo Giano Parrasio, Manziana, Vecchiarelli, 1988.

“Molto più preziosi dell’oro”. Codici di casa Barzizza alla Biblioteca Nazionale di Napoli, a cura di L. Gualdo Rosa, Napoli, Luciano, 1996.

Parrhasiana, a cura di L. Gualdo Rosa, L. Munzi, F. Stok, Napoli, Arte Tipografica, 2000.

Parrhasiana ii, a cura di G. Abbamonte, L. Gualdo Rosa, L. Munzi, «A.I.O.N. Annali dell’Istituto Universitario Orientale di Napoli» (Dipartimento di Studi del Mondo classico e del Mediterraneo antico. Sezione filologico-letteraria, xxiv), Napoli, Istituto Universitario Orientale, 2002.

Parrhasiana iii, a cura di G. Abbamonte, L. Gualdo Rosa, L. Munzi, Pisa-Roma, Istituti Editoriali e Poligrafici Internazionali, 2005, pp. 25-36.

Altre fonti

T. Cornacchioli, Lineamenti di storia della cultura calabrese. Ipotesi su un frammento: l’Accademia Parrasiana, Cosenza, Pellegrini, 1982.

L. Delarouelle, Un professeur italien d’autrefois. Le séjour à Milan d’Aulo Giano Parrasio, «Archivio Storico Lombardo», s. iv, xxxii, vol. iii, 1905, fasc. 5, pp. 152-171.

F. D’Episcopo, Aulo Giano Parrasio, fondatore dell’Accademia Cosentina, Cosenza, Pellegrini, 1982.

L. Gualdo Rosa, Un decennio avventuroso nella biografia del Parrasio (1509-1519): alcune precisazioni e qualche interrogativo, in Parrhasiana iii, pp. 25-36.

U. Lepore, Per la biografia di Aulo Giano Parrasio (1470-1522), «Biblion. Rivista di Filologia, Storia e Bibliofilia», i, 1959, 1, pp. 26-44.

F. Lo Parco, Aulo Giano Parrasio. Studio biografico-critico, Vasto, Tip. Anelli, 1899.

F. Lo Parco, Aulo Giano Parrasio e Andrea Alciato (con documenti inediti), «Archivio Storico Lombardo», xxxiv, vol. vii, 1907, fasc. 13, pp. 159-167.

F. Lo Parco, Due orazioni nuziali inedite di A.G. Parrasio, Messina, Muglia, 1907.

F. Lo Parco, Tideo Acciarino Piceno, promotore del risveglio umanistico del secolo xvi, «Giornale Critico della Letteratura Italiana», 68, 1916, 204, pp. 381-394.

M. Paladini, Parrasio e Lucrezio, «Vichiana», ii, 2000, 1, pp. 95-118.

M. Paladini, Parrasio e Carisio, «Vichiana», iii, 2002, 2, pp. 238-273.

M. Paladini, Appunti su Parrasio maestro (i): per una ricostruzione dei classici latini spiegati a Milano, «Vichiana», v, 2003, 2, pp. 281-288.

M. Paladini, Appunti su Parrasio maestro (ii): per una ricostruzione dei classici latini spiegati a Taverna e a Roma, «Vichiana», vi, 2004, 2, pp. 253-286.

L.G. Pélissier, Documents pour l’histoire de la domination française dans le Milanais, Toulouse, 1891.

L. Pellegrini, Minuziano, Alessandro, in Dizionario Biografico degli Italiani, Roma, Istituto della Enciclopedia Italiana, vol. 74, 2010.

G. Praga, Acciarini, Tideo, in Dizionario Biografico degli Italiani, Roma, Istituto della Enciclopedia Italiana, vol. 1, 1960, pp. 96-97.

E. Sergio, Parrasio in Calabria (1511-1515) e la fondazione dell’Accademia Cosentina, «Bollettino Filosofico», Dipartimento di Filosofia, Università della Calabria, xxiii, 2007, pp. 419-436.

E. Sergio, Parrasio in Calabria e la fondazione dell’Accademia Cosentina (ii): 1521-1535, Bollettino Filosofico, Dipartimento di Filosofia, Università della Calabria, xxv, 2009, pp. 487-516.

E. Sergio, Telesio e il suo tempo: considerazioni preliminari, «Bruniana & Campanelliana», xvi, 2010, 1, pp. 111-124.

E. Sergio, Bernardino Telesio. Note per una biografia intellettuale, in «Virtù ascosta e negletta». La Calabria nella modernità, a cura di R.M. Calcaterra e G. Ernst, Milano, Franco Angeli, 2011, pp. 142-153.

S. Spiriti, Memorie degli scrittori cosentini, Napoli, tip. De’ Muzij, 1750.

F. Vendruscolo, Dall’ignoto Falconio all’immortal Fausto, in Parrhasiana iii, pp. 37-50.