Tommaso Campanella, La Città del Sole, p. 44

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Il sacrifizio è questo, che dimanda al popolo chi si
vol sacrificare per li suoi membri, e così un di quelli più buoni
si sacrifica. E ’l sacerdote lo pone sopra una tavola, che è tenuta
da quattro funi, che stanno a quattro girelle della cupola,
e, fatta l’orazione a Dio che riceva quel sacrifizio nobile
e voluntario umano (non di bestie involuntarie, come fanno i
Gentili), fa tirar le funi; e quello saglie in alto alla cupoletta e
qui si mette in orazione; e li si dà da magnare parcamente,
sino a tanto che la città è espiata.
Ed esso con orazioni e digiuni
prega Dio, che riceva il pronto sacrifizio suo; e così,
dopo venti o trenta giorni, placata l’ira di Dio, torna a basso
per le parti di fuore o si fa sacerdote; e questo è sempre onorato
e ben voluto, perché esso si dà per morto, ma Dio non
vuol che mora.
Di più vi stanno ventiquattro sacerdoti sopra il tempio, li
quali a mezzanotte, a mezzodì, la mattina e la sera cantano
alcuni salmi a Dio; e l’offizio loro è di guardar le stelle e
notare con astrolabi tutti li movimenti loro e gli effetti che
producono, onde sanno in che paese che mutazione è stata e
ha da essere. E questi dicono l’ore della generazione e li giorni
del seminare e raccogliere, e serveno come mezzani tra Dio
e gli uomini; e di essi per lo più si fanno li Soli e scriveno gran
cose e investigano scienze.
Non vengono a basso, se non
per mangiare; con donne non si impacciano, se non qualche
volta per medicina del corpo. Va ogni dì Sole in alto e parla
con loro di quel che hanno investigato sopra il benefizio della
città e di tutte le nazioni del mondo. In tempio da basso sempre
ha da esser uno che faccia orazione a Dio, e ogni ora si
muta, come noi facciamo le quarant’ore, e questo si dice
continuo sacrifizio.

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