Tommaso Campanella, Ateismo trionfato, p. 177

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E Diogene vedendo che all’idoli si facea sacrifitio di
cento bovi detto ecatomba, egli andò su l’altare et uccise cento
pidocchi, dicendo che anch’esso volea far l’ecatomba, et
essendo ripreso, rispondea, che alli Dei li ricchi offreno bovi
et animali grandi, e li poveri deveno offerire li piccioli animali
che hanno; e che si erano pii, li Dei doveano accettare la sua
ecatomba meglio che la loro, perché esso avea più animo
divoto, e che nel sacrifitio la devotione vale, che li Dei non
mangiano, e così è uccidere una sorte di animali come un’altra,
o grandi o piccioli.
Ecco dunque che tutti gl’altri riti son sogetti alli scherni, et
il christiano solo è esente, quando è inteso bene.

La religione di adorar li santi et imagin loro per tutto è
ricevuta, si non da turchi e calvinisti. Gl’hebrei anco son nemici
di imagini, perché sono sogette allo scherno de le bestie
e del fuoco, et il popolo può idolatrare.

Nondimeno, dove il populoè rationale, trovo che non
sia disdicevole secondo la natura, perché è naturale a noi riverir
l’imagine dell’innamorata e degl’amici, e desiderarla in assenza
loro.
Così, sendo Dio fatto huomo, il che non era al tempo dell’
hebrei, non è si non bene adorar la sua imagine, e la croce in
cui è rapresentato crucifisso.

Né solo come scrittura di ignoranti e per memoria di tutti
si tengono, che in tal senso nulla natione le nega, ma proprio
per adorarli in spirito elevato a quel che rapresentano, perché
è naturale più riverire quello che più rapresenta.
Che li santi sian degni di adoratione duliaeè manifesto;
che essi sappiano li nostri bisogni per aviso degli angioli che
vengono qua giù, e nella vision di Dio in cui riluce ogni cosa,
è ragionevole credenza. Dunque se han carità, ci aiutano, e
per noi pregano. E negar la intercessione naturale tra noi è
toglier la carità alli beati.
Non però l’adoration di Dio né il sacrifitio a loro si deve,
che saria idolatria.
Che Dio ami essere honorato nelli suoi

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