di Valentina Bellantone

31 dicembre 1514

Andrea Vesalio nasce a Bruxelles da Andreas Wijtin van Wesel ed Isabelle Crabbe. Quella da cui proviene è una famiglia benestante formata per tradizione da medici e da farmacisti: il padre lavorava come speziale per l’imperatore Carlo V e sia il nonno che il bisnonno erano stati medici. La sua famiglia è originaria di Wesel, una cittadina nel ducato di Kleve. A Nijmegen, città dove era emigrato, il padre di Andrea Vesalio prese il cognome van Wesel dal nome della sua città d’origine.

25 febbraio 1530

Dopo aver ricevuto la prima formazione a Bruxelles, Andrea Vesalio si iscrive presso il Pedagogium Castrense dell’Università di Lovanio. Rimane qui soltanto un triennio, avendo deciso di seguire le orme della sua famiglia studiando medicina.

1533

Nel 1533 Vesalio si reca in Francia, prima a Montpellier e poi a Parigi, per seguire i corsi di medicina. La Facoltà di medicina di Parigi del tempo è una vera e propria roccaforte del galenismo. Qui insegnano Jacques Dubois (1478-1555), detto Sylvius, e Johannes Guinter von Andernach (1505-1574), detto Guinterio, lettori di anatomia. Entrambi mirano a ricostituire il sapere medico classico attraverso lo studio e la traduzione dei testi di medicina tradizionali.

Guinter è un uomo molto colto e un grande conoscitore del latino e del greco, ed è, perciò, molto adatto a tradurre correttamente Galeno; tuttavia, non è in grado di verificare la correttezza di quanto legge: il motivo è che, come gli altri medici del tempo, non esegue personalmente le dissezioni, ma delega questo lavoro a chirurghi e barbieri. Nonostante ciò, durante le lezioni egli consentiva ad alcuni studenti di dissezionare i cadaveri al posto dei chirurghi e dei practitioners preposti a questo compito.

Vesalio è tra questi studenti: in questo modo ha l’opportunità di praticare personalmente sezioni autoptiche su cadaveri di esseri umani. È proprio in Francia che, praticando dissezioni e non trovando un’esatta corrispondenza tra i testi di Galeno e quello che constata attraverso la diretta osservazione, egli inizia a dubitare della medicina galenica.

Il suo rapporto con il galenismo è complicato: pur seguendo Galeno in alcune questioni, prende decisamente le distanze dalla tradizione. Vesalio afferma, ad esempio, che Galeno «non si accorse di nessuna delle molteplici e sostanziali differenze fra il corpo delle scimmie e quello dell’uomo, a eccezione del diverso modo di flettersi delle dita e dei garetti» e che egli «errò più di duecento volte nella descrizione corretta delle parti, dell’armonia, dell’uso e della funzione del corpo umano» (P. Rossi, La nascita della scienza moderna in Europa, Bari, Laterza, 1997, p. 63).

A testimoniare la distanza di Vesalio rispetto all’ortodossia galenica si pongono, oltre alle sue stesse parole, le critiche a cui è stata sottoposta la Fabrica e il suo metodo.

Sylvius, maestro di Vesalio a Parigi, ad esempio, lo chiamerà, con un gioco di parole rispetto al suo cognome, Vesanus, il folle: egli avrebbe, infatti, avvelenato la medicina con i suoi lavori; Cosmacini scrive a questo proposito che «la “vesania” è una forma di pazzia. “Vesano”, il pazzo che calunnia l’anatomia di Ippocrate e di Galeno, è parafrasi di Vesalio, l’anatomista “impazzito”» (G. Cosmacini, La medicina e la sua storia: da Carlo V al Re Sole, Milano, Rizzoli, 1989, p. 129).

Anche Sylvius effettua dissezioni, ma non contesta la medicina galenica, che anzi difende ad oltranza. Contro Vesalio, dopo la pubblicazione del celebre De Humani Corporis Fabrica, Sylvius scrive un libello dal titolo Vaesani cuiusdam calumniarum in Hippocratis Galenique rem anatomicam depulsio, pubblicato a Parigi nel 1551; nel testo Vesalio, oltre ad essere dichiarato folle, viene accusato di empietà e di ignoranza. Alle accuse di Sylvius e a quelle di altri galenisti Vesalio replicherà nella riedizione del 1555 della Fabrica.

1537

A causa del riacuirsi della guerra tra Francia e Spagna, Vesalio interrompe i propri studi alla facoltà di medicina di Parigi; decide, dunque, di far ritorno a Lovanio. Qui consegue il baccalaureato con una tesi consistente in una Paraphrasis sul Liber Almansoris, versione latina dell’opera al-Kitāb al-Manṣūrī del medico persiano Rhazes (Abū Bakr Muḥammad ibn Zakariyyā’ al-Rāzī ), che viene pubblicata in febbraio.

Nell’autunno del 1537 egli decide di continuare i propri studi di medicina a Padova, divenuta sede prestigiosa già dalla fine del XV secolo. In pochi mesi consegue il titolo di magister medicinae et artium, e nel dicembre dello stesso anno riceve l’incarico di lettore di chirurgia (explicator chirurgiae) e anatomia. A Padova Vesalio riprende le sue esperienze nel campo della dissezione anatomica. Qui Vesalio può intensificare il proprio lavoro e migliorare la propria tecnica settoria grazie al giudice Marc’Antonio Contarini che gli fornisce i cadaveri dei giustiziati.

Durante una tipica lezione di anatomia del tempo erano presenti tre figure: un medico, “il lettore”, che leggeva i testi di anatomia (generalmente il testo di Mondino de’ Luzzi, professore di medicina a Bologna tra il 1315 e il 1318), un chirurgo o un barbiere, “l’incisore”, che sezionava i cadaveri, e un altro medico, “l’ostensore”, che aveva il compito di mostrare le corrispondenze tra quanto letto e quanto mostrato dalla dissezione.

Diversamente da questa impostazione delle lezioni di anatomia, Vesalio tiene da solo le sue lezioni: è un “anatomista completo” (G. Cosmacini, La medicina e la sua storia: da Carlo V al Re Sole, cit., p. 125). Questo metodo di insegnamento della medicina diventa in breve tempo rivoluzionario, e la sua fama non impiegherà molto a diffondersi in tutta Europa.

Fino ad allora esisteva una divisione sostanziale tra il lavoro del professore di medicina e quello del sezionatore; il primo, infatti, basandosi su quanto riportato sui libri, parlava dall’alto di una cattedra, mentre il secondo, essendo digiuno di nozioni mediche, si limitava a praticare le sezioni sulla base di semplici conoscenze empiriche. Vesalio intende unire l’opera della mano e l’opera dell’intelletto, proponendo una nuova immagine del medico: questi non deve limitarsi alla parte teorica della medicina, ma deve anche praticare dissezioni. La pratica autoptica su cadaveri di esseri umani contribuisce, infatti, al miglioramento delle conoscenze relative all’anatomia umana rendendole più accurate. Si tratta di una inedita alleanza tra teoria e prassi che anticipa di molto il nuovo indirizzo scientifico sperimentale della scienza del XVII secolo.

Le dissezioni praticate durante il periodo padovano (1538-1542) conducono Vesalio a convincersi sempre più dell’importanza di studiare a fondo l’anatomia del corpo umano. Il metodo adottato lo porta inevitabilmente a criticare puntualmente l’anatomia galenica: come si è detto, quello che osservava sul tavolo autoptico era diverso da quanto predicato da Galeno.

1538-1539

Nel 1538 Vesalio pubblica le Tabulae anatomicae, sei tavole anatomiche frutto dell’attività settoria svolta durante gli anni. L’opera è costituita da tre tavole riportanti ognuna una figura dello scheletro e da tre tavole sui vasi arteriosi; queste ultime sono dedicate in particolare al sistema della vena cava, con il fegato e il rene destro, al cuore e all’aorta con le sue diramazioni e ai reni con i loro rapporti vascolari. Le prime tre tavole sono state disegnate dal pittore fiammingo Jan Stephan van Calcar (1499-1546), un allievo di Tiziano, mentre le altre tre sono state disegnate dallo stesso Vesalio.

Mentre da una parte le Tabulae mettono in evidenza l’importanza del metodo dell’illustrazione, dall’altra esse riportano una serie di errori ripresi da Galeno; ne sono un esempio il fegato a cinque lobi e la ‘rete mirabile’, ossia una rete di capillari sanguigni che si trova alla base del cervello.

Studiando i manoscritti greci, Vesalio si rende conto che Galeno non aveva mai effettuato dissezioni su cadaveri di esseri umani e che la sua anatomia si fondava su osservazioni derivanti da dissezioni operate su cadaveri animali. Una volta compreso ciò, Vesalio inizia a denunciare fortemente gli errori dell’anatomia galenica e si convince sempre più dell’importanza dell’osservazione diretta del corpo come metodo indispensabile per la fisiologia umana e i suoi meccanismi. Questa convinzione lo spinge ad elaborare un’opera che descriva in maniera dettagliata ogni parte del corpo umano; questo proposito è all’origine dei De humani corporis fabrica libri septem (1543).

Dal 15 agosto al 18 ottobre del 1538 si reca a Bologna per fare un viaggio di studio. Qui ha l’occasione di incontrare Matteo Corti, chirurgo e anatomista bolognese, e di discutere con lui della questione del salasso; in particolare, il dibattito verte su quale tecnica sia più opportuno praticare, se quella “derivativa”, ossia quella eseguita dal lato della parte malata, o quella “revulsiva”, cioè quella eseguita dal lato opposto. A Bologna Vesalio si recherà più di una volta al fine di mostrare la propria tecnica settoria eseguendo dissezioni pubbliche nei teatri anatomici.

1541

L’università di Padova concede a Realdo Colombo (ca. 1510/1520-1559) la carica di assistente presso la cattedra di Vesalio.

1543

Il 1543 è l’anno in cui Vesalio pubblica la Fabrica, la sua opera più importante. L’opera viene terminata a Basilea nell’agosto del 1542, luogo ove Vesalio si reca personalmente, lasciando Padova, per discutere insieme allo stampatore Johann Oporinus i dettagli dell’opera e sovraintenderne la stampa. L’opera è dedicata a Carlo V, a cui Vesalio dona una copia personalizzata. L’anno della sua pubblicazione viene ritenuto un momento di cambiamento radicale nella storia della medicina, in quanto la Fabrica viene considerata il manifesto del nuovo metodo d’indagine anatomica, e il fondamento teorico e pratico della moderna anatomia. L’opera metteva in crisi la tradizione medica antica e non fece velocemente il giro delle università e delle corti europee del tempo.

Il 1543 viene considerato dalla maggior parte degli storici della scienza un momento di svolta, anche grazie alla pubblicazione dei sei libri del De revolutionibus orbium coelestium di Niccolò Copernico; nell’opera l’astronomo polacco afferma che la terra non è al centro dell’universo e dà vita a una nuova cosmologia. Alcuni hanno parlato di coincidenza tra rivoluzione macrocosmica, quella di Copernico, e rivoluzione microcosmica, quella di Vesalio: «all’anagrafe dei grandi eventi scientifici la rivoluzione anatomica antigalenica di Vesalio veniva registrata in significativa sincronia con la rivoluzione astronomica antitolemaica di Copernico. La rivoluzione macrocosmica, o della fabbrica dell’universo, coincideva con la rivoluzione microcosmica, o della “fabbrica del corpo umano”» (G. Cosmacini, L’arte lunga. Storia della medicina dall’antichità a oggi, Bari, Laterza, 1997, pp. 237-238).

La Fabrica contiene più di trecento illustrazioni disegnate da pittori professionisti sotto la direzione dello stesso Vesalio. Nella Fabrica viene inoltre impiegato un metodo rappresentativo di tipo analitico: le differenti parti del corpo sono rappresentate separate tra loro e vengono analizzate nel dettaglio.

In Vesalio è molto forte il legame tra rappresentazione e dissezione: le tavole della sua opera principale mostrano le parti del corpo così come esse si presentano agli occhi di chi pratica la dissezione. La metodologia di Vesalio differisce in maniera radicale da quella della medicina del suo tempo: mentre quest’ultima è ‘non umana’, in quanto le dissezioni vengono effettuate sui cadaveri degli animali, e non chirurgica, in quanto non è il medico a sezionare i cadaveri, l’anatomia di Vesalio ha il proprio fondamento nella dissezione dei corpi di esseri umani. L’approccio di Vesalio è diverso da quello degli anatomisti del suo tempo «che sapevano di greco e di latino, ma che non avevano mai usato il coltello se non a tavola» (ivi, p. 237). Le tavole anatomiche presenti nei sette libri dell’opera di Vesalio raffigurano il corpo umano in maniera precisa e accurata tanto da diventare «il simbolo di una svolta radicale nei metodi di osservazione della realtà» (P. Rossi, La nascita della scienza moderna in Europa, 1997, p. 62). Il metodo dell’illustrazione consente di mostrare a tutti quello che era possibile vedere e dunque conoscere attraverso le dissezioni. Il suo proposito, infatti, è quello di fornire illustrazioni talmente dettagliate «da mettere sotto gli occhi degli studiosi di Medicina il complesso dell’opera della Natura, come se ci si trovasse di fronte ad un corpo sezionato» (M. Grmek, Storia del pensiero medico occidentale, vol. 2. Dal Rinascimento all’inizio dell’Ottocento, Bari, Laterza, 1996, p. 11).

Il frontespizio dell’opera rappresenta in maniera simbolica il nuovo approccio all’anatomia di Vesalio: in esso è presente, infatti, l’immagine di una dissezione pubblica di una donna praticata dall’anatomista. Questo testimonia quanto Vesalio ritesse importante effettuare dissezioni per comprendere meglio e l’anatomia e la fisiologia umana.

Ognuno dei sette libri della Fabrica si occupa di argomenti specifici. La prefazione è, come si è detto, una sorta di presentazione dell’opera a Carlo V d’Asburgo; in essa Vesalio esprime la sua opinione sulla medicina del suo tempo, affermando che questa si trova ad uno stadio di decadenza dovuta al fatto che i medici non eseguono le dissezioni e derivano le proprie conoscenze anatomiche soltanto dai libri che leggono. Il primo libro è dedicato alle ossa e alle articolazioni, in quanto Vesalio afferma che «devono essere conosciute per prime dagli studiosi di Anatomia perché, per mezzo loro, si sostengono e legano le altre parti, che si descrivono secondo questi rapporti» (G. Muratori, D. Bighi, Andrea Vesalio, G.B. Canano e la rivoluzione rinascimentale dell’anatomia e della medicina, Padova, La Garangola, 1964, p. 84); in questo libro sono presenti alcuni rimandi ai muscoli che, tuttavia, vengono trattati separatamente nel secondo. Il terzo libro tratta del sistema arterio-venoso. Nel quarto libro vengono presi in considerazione il midollo spinale e il sistema nervoso periferico. Il quinto libro si occupa del tubo digerente, dell’apparato urogenitale e degli organi riproduttivi e descrive alcune tecniche settorie. Il sesto libro è dedicato agli organi endotoracici, in particolare al cuore e ai polmoni. Nel settimo libro, infine, sono rappresentati e descritti gli organi di senso e il cervello. L’ordine degli argomenti trattati nell’opera è stato deciso da Vesalio seguendo i criteri di Galeno, secondo cui è necessario descrivere prima i muscoli, poi le vene, le arterie e in seguito gli organi interni.

La descrizione e l’illustrazione del cervello risulta essere particolarmente accurata considerando lo stato dell’arte del tempo: Vesalio distingue tra sostanza bianca sostanza grigia e individua alcune strutture allora sconosciute come il nucleo caudato, il corpo calloso, il setto pellucido, i seni venosi e i talami ottici. Nonostante che i suoi studi fossero così avanzati in quest’ambito, egli stesso dichiara di non essere in grado di capire in che modo il cervello espleti le sue funzioni.

Vesalio studia con molta dedizione l’anatomia dell’occhio, riconoscendo il muscolo orbicolare delle palpebre. Nell’ambito degli studi sulla vista afferma che questa non può avere come organo principale il cristallino, ma che quest’ultimo costituisce una sorta di lente di ingrandimento posizionata al centro dell’occhio. Per Vesalio l’occhio è suddivisibile in tre tuniche: la coroide, la sclera e la retina; quest’ultima sarebbe costituita dalla stessa sostanza del nervo ottico e dunque si tratterebbe di un vero e proprio prolungamento del cervello.

Un’altra importante questione presa in considerazione da Vesalio è quella della porosità del setto cardiaco interventricolare. Inizialmente l’anatomista accoglie l’idea tradizionale derivante dalla medicina galenica che il setto possa avere dei pori, seppure questi siano invisibili, e che il passaggio del flusso sanguigno da un ventricolo all’altro avvenga attraverso questi; nella prima edizione della Fabrica, infatti, quest’idea è accettata senza sollevare eccezioni. Tuttavia, nella seconda edizione (1555) Vesalio inizia a nutrire dei dubbi in merito alla questione, affermando «di non saper comprendere come attraverso il setto si possa far passare la benché minima parte di sangue» (R. Manara, Storia della circolazione del sangue, Genova, Scientia Veterum, 1963, p. 27).

Si tratta di un importante tappa nella storia della scoperta della circolazione del sangue: il dubbio di Vesalio, infatti, elimina la certezza riposta nell’erronea credenza che il sangue passi attraverso il setto dal ventricolo destro a quello sinistro tramite alcuni pori invisibili. Vesalio stesso dichiara che, riguardo alla questione della porosità del setto, si sente costretto a ripercorrere le idee galeniche, non perché credesse che queste fossero corrette, quanto piuttosto perché non era in grado di fornire una spiegazione alternativa valida.

La questione della porosità del setto cardiaco interventricolare verrà dopo alcuni anni affrontata diffusamente da Matteo Realdo Colombo nel suo De re anatomica (1559). Laddove Vesalio aveva ipotizzato che il setto cardiaco non fosse caratterizzato dalla presenza di pori invisibili, sarà Colombo a dimostrare sperimentalmente tale ipotesi.

Nello stesso anno di pubblicazione della Fabrica, Vesalio ne pubblica un riassunto in sei capitoli, sempre a Basilea presso lo stampatore Oporino. Si tratta dell’Epitome, un compendio destinato in primo luogo ai suoi studenti, e, più in generale, a coloro che pur sapendo poco di materia anatomica avessero voglia di approfondire l’argomento.

1554

Nel 1554 a Vesalio viene affidato l’incarico di insegnare a Pisa; tuttavia, egli rifiuta l’offerta per svolgere il lavoro di chirurgo militare per le truppe imperiali impegnate nel conflitto con la Francia.

1555

Nel 1555 Vesalio pubblica la seconda edizione della Fabrica aggiungendo alcune correzioni. Tra queste riconosce, ad esempio, di aver sbagliato nel dichiarare che anche nell’uomo esiste una ‘rete mirabile’ alla base del cervello: in realtà, infatti, ne aveva potuto verificare la presenza solo negli ungulati.

Dopo aver realizzato la seconda edizione della Fabrica, Vesalio abbandona la ricerca e diventa medico personale di Carlo V d’Asburgo. Le ragioni di questa scelta non sono ben chiare.

Dopo la morte di Carlo V, nel 1558, Vesalio diventa medico personale del suo successore, Filippo II. Durante questo periodo l’anatomista ha la possibilità di acquisire ottime conoscenze chirurgiche accompagnando l’imperatore nelle sue campagne militari. Vesalio trascorre questi anni dapprima a Bruxelles e in seguito a Madrid.

1559

Nel 1559 il celebre anatomista ha l’opportunità di lavorare insieme ad Ambroise Paré (1510-1599), il chirurgo francese considerato il padre della moderna chirurgia. I due lavorano, infatti, per il re di Francia Enrico II che era stato trapassato con una lancia durante un torneo dal duca di Montgomery, riportando lesioni nell’occhio sinistro e nel cervello. In questa occasione Vesalio, rifondatore del metodo anatomico, ha modo di confrontarsi con il rifondatore del metodo chirurgico. Insieme, Vesalio e Paré, apriranno la strada all’anatomia e alla chirurgia moderna.

1562

Nel 1562 Vesalio rinuncia alla carica di medico personale dell’imperatore Filippo II.

1564

Vesalio pubblica l’Anatomicarum observationum examen, scritto in difesa del suo successore alla cattedra di anatomia a Padova, Gabriele Falloppia (1523-1562).

13 dicembre 1564

Filippo II commuta all’anatomista una condanna dell’Inquisizione in pellegrinaggio espiatorio: Vesalio avrebbe, infatti, sezionato il corpo di un uomo mentre era ancora in vita. Per questo motivo nel 1564 parte alla volta di Venezia, per imbarcarsi su una nave e intraprendere un pellegrinaggio in Terrasanta. Le circostanze del viaggio in Terrasanta restano in parte misteriose, allorché Filippo II non aveva ingiunto al medico belga l’onere di un pellegrinaggio così lungo. Il viaggio di ritorno gli sarà fatale: in seguito ad un naufragio, la nave che avrebbe dovuto condurlo a Venezia fa scalo nell’isola di Zante. Qui Vesalio muore, il 13 dicembre dello stesso anno.

Bibliografia

Opere di Vesalio

Andreae Vesalii Bruxellensis, scholae medicorum Patavinae professoris, de Humani corporis fabrica Libri septem, Basileae, Ex officina Joannis Oporini, 1543.

Andreae Vesalii Bruxellensis, scholae medicorum Patauinae professoris, suorum de humani corporis fabrica librorum epitome, Basileae, Ex officina Joannis Oporini, 1543.

Andreae Vuesalii Bruxellensis, scholae medicorum Patauinae professoris publici, Epistola, docens venam axillarem dextri cubiti in dolore laterali secandam; & melancholicum succum ex venae portae ramis ad sedem pertinentibus, purgari, Venetiis, Apud Cominum de Tridino Montisferrati, 1544.

Andreae Vesalii Bruxellensis, medici caesarei, Epistola, rationem modumque propinandi radicis Chymae decocti, quo nuper inuictissimus Carolus V imperatur usus est, pertractans et praeter alia quaedam, epistolae cuiusdam ad Iacobum Syluium sententiam recensens, veritatis ac potissimum humanae fabricae studiosis perutilem: quum qui hactenus in illa nimium Galeno creditum sit, facile commonstret. Accessit quoque locuples rerum et verborum in hac ipsa epistola memorabilium, index, Venetiis, Apud Cominum de Tridino Montisferrati, 1546.

Andreae Vesalii Bruxellensis, scholae medicorum Patauinae professoris, de Humani corporis fabrica Libri septem, Basileae, Ioannem Oporinum, 1555.

Andreae Vesalii, Anatomicarum Gabrielis Falloppii obseruationum examen, Venetiis, Apud Franciscum de Franciscis, Senensem, 1564.

Andreae Vesalii Bruxellensis, invictissimi Caroli V imp. medici, De humani corporis fabrica libri septem. Cum indice rerum et uerborum memorabilium locupletissimo, Venetiis, Apud Franciscum Senensem, & Ioannem Criegher Germanum, 1568.

Andreae Vessalii Bruxellensis, Philippi Hispaniarum, regis medici, Chirurgia magna in septem libros digesta: in qua nibil desiderari potest, quod ad perfectam, atque integram de curandis humani corporis malis, methodum pertineat. Ab excellen. philosopho, ac medico regio Prospero Borgarutio, recognita, emendata, ac in lucem edita. ... Cum amplissimis indicibus tum capitum: tum rerum omnium memorabilium, Venetiis,  Ex officina Valgrisiana, 1568.

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