di Teresa Reda

Rutilio Benincasa nacque nel 1555 a Torsano, piccolo villaggio nei pressi di Cosenza. Poco o nulla si conosce della sua vita. Secondo il Mongitore, il giovane Rutilio fu in Sicilia al servizio di Sebastiano Ansaloni (1523-1599), celebre astronomo ed astrologo palermitano (A. Mongitore, Bibliotheca Sicula, sive de scriptoribus siculis, Panormi, ex typographia Didaci Bua, 1714, vol. ii, p. 213). Questa notizia è successivamente riportata anche da altri autori, come il Di Marzo (G. Di Marzo, Biblioteca storica e letteraria di Sicilia ossia Raccolta di opere inedite o rare di scrittori siciliani dal secolo xvi al xix, 1869, p. 88). Salvatore Spiriti racconta che il Benincasa aveva un «natural genio allo studio dell’Astronomia, ma per difetto di mezzi e di buoni principj non eccedette il suo sapere quello di una mezzana cognizione, avvegnaché sprovveduto degli strumenti necessarj per una verosimile conjettura nelle Astronomiche osservazioni, altro non fece, che tenere per verità indubitate gli Apotelesmati di Tolomeo, e i divinamenti degli Arabi» (S. Spiriti, Memorie degli scrittori Cosentini, 1750, p. 122).

Camillo Minieri Riccio ascrive al Benincasa una raccolta di prose e rime manoscritte e il breve trattato Fisionomia naturale dell’uomo e della donna, desunto dall’omonimo scritto attribuito ad Aristotele sulla fisiognomica, arte spesso associata alla chiromanzia (cfr. S. Menchi, Rutilio Benincasa, in Dizionario Biografico degli  Italiani, vol. 8, Roma, Istituto della Enciclopedia Italiana, 1966). Altri studiosi lo ritengono autore dei componimenti: Libro detto opera de secreti (1584), Sopra la Astrologia (1587), Pronostico di Rutilio Benincasa (1587), Vita et morte di lo gloriosissimo beato santo Angelo hyerosolimitano carmelita martyro. Ad istantia di Rutilio Benencasa cosentino (1590), Trattato d’abaco, aritmetica, et geometria, et di tutti variazioni di conto (1588). Tuttavia, il suo nome è legato all’Almanacco perpetuo, pubblicato per la prima volta a Napoli nel 1593 da Giovanni Giacomo Carlino (fl. 1576-1616). Il Carlino, editore attivo nella città partenopea fin dagli inizi degli anni Novanta del xvi secolo, collaborò col tipografo Orazio Salviani (fl. 1565-1595) – che si occupò delle stampe della terza edizione del De rerum natura (1586) di Bernardino Telesio (1509-1588) – con il libraio Antonio Pace e con lo stampatore Costantino Vitali (cfr. S. Menchi, Rutilio Benincasa, in Dizionario Biografico degli italiani, vol. 8, 1966; e A. Cioni, Carlino, Giovanni Giacomo, in Dizionario Biografico degli Italiani, vol. 20, 1977).

Per quanto concerne l’Almanacco perpetuo, lo Spiriti scrive che «l’essersi tante volte la Opera sua ristampata, fa crederlo Autore non dispreggevole; quantunque ella si vegga dettata in linguaggio barbaro e triviale» (S. Spiriti, Memorie degli scrittori Cosentini, 1750, p. 122). La scrittura poco elegante ha spinto a ritenere Rutilio un autodidatta di umile estrazione, ma questa impietosa considerazione non ha impedito di riconoscere che il testo «viene pur nondimeno ritrovato molto esatto, e diligente nelle Computazioni Lunari, e degli Eclissi» (ibid.). L. Coscarella (L’astronomo un po’ filosofo, «Il Quotidiano della Calabria», Cosenza, 28 novembre 2010), citando alcuni documenti non specificati, ricostruisce l’albero genealogico della famiglia e accenna al possesso di alcuni terreni e di una «casa palazziata». Da queste fonti risulterebbe, inoltre, che la morte di Rutilio dovette avvenire fra la fine del 1606 e l’inizio del 1607, quando alcune eredi protestarono contro il chierico Giovanni Tommaso Benincasa che si era appropriato di «cascie piene de’ libri, panni et denaro dentro». Benincasa possedeva, verosimilmente, una biblioteca, e aveva compiuto studi tali da fargli raggiungere un livello di istruzione che lo spingeva ad avvicinarsi alla colta aristocrazia cosentina. La prima edizione dell’Almanacco perpetuo è, infatti, preceduta da una lettera dedicatoria a Pompeo Sersale, figlio di Orazio Sersale e nipote di Diana Sersale, la nobildonna che, nel 1553, sposò in seconde nozze Bernardino Telesio (1509-1588). Pompeo Sersale non va confuso con Pompeo de Matera, figlio delle prime nozze di Diana Sersale con Alfonso de Matera, il quale, alla morte del filosofo, ricevette in custodia un certo numero di copie della terza edizione del De rerum natura (1586) pubblicata a Napoli per i tipi di Orazio Salviani. Pompeo Sersale figlio di Orazio ebbe due fratelli, Felice e Cesare, e nel regesto dei Telesio compare in più atti notarili: il primo, datato 3 gennaio 1592, in cui «D. Lucrezia Arnone e D. Francesco Telesio suo marito, da Cosenza, vendono a D. Pompeo Sersale da Cosenza, per pagare alcuni debiti di detto Telesio un annuo censo di ducati 30, per il prezzo di ducati 300, garantendolo sulle doti di D. Lucrezia e su di una proprietà di esso D. Francesco sita in territorio di Cosenza, contrada Mojo» (V.M. Egidi, M. Borretti, I Telesio. Regesto dei documenti del secolo xvi, 1988, doc. 522, p. 113); in un secondo atto, datato 23 novembre 1593, concernente la cessione di parte del terreno suddetto (ivi, doc. 570, p. 120); e in un atto analogo, datato 30 maggio 1600, in favore di Roberto Telesio, figlio di Valerio Telesio, barone di Castelfranco e di Cerisano (fratello di Bernardino Telesio). In quest’ultimo atto, Pompeo è citato come figlio della vedova Clarice Sersale (ivi, doc. 656, p. 133). Da questi documenti si evince con chiarezza che Rutilio Benincasa avesse dedicato la prima edizione dell’Almanacco perpetuo ad una delle personalità più rappresentative della nobiltà cosentina.

Accattatis sostiene che Benincasa aveva 32 anni quando l’Almanacco perpetuo fu pubblicato per la prima volta nel 1593, quindi pospone la data di nascita al 1561 (L. Accattatis, Le biografie degli uomini illustri delle Calabrie, 1870, p. 106). Egli, inoltre, approfondendo le sue ricerche, cominciò a dubitare della paternità dell’opera: «A siffatta fola aggiungasi quella affatto infondata, che vorrebbe far credere essere questo Almanacco opera di certo Sebastiano Ansalonio, Palermitano, il quale lo pubblicasse sotto il nome di Rutilio Benincasa» (ibid). Ansalone, nobile palermitano dei baroni di Pettineo e di Castelluccio, «in grande stima» di Francesco Moncada, principe di Paternò, morì a Palermo il 31 luglio 1599 (cfr. G. Di Marzo, Città di Palermo dal secolo xvi al xix pubblicati sui manoscritti della Biblioteca Comunale, 1871, p. 393).

Il termine «almanacco» deriva dall’arabo al-manakh, calendario. Il genere ebbe grande fortuna nel Medio Evo, quando alle indicazioni  astronomiche, geografiche e statistiche, cominciarono ad essere aggiunte notizie di diverso genere su metodi di coltivazione, previsioni meteorologiche, consigli sulla salute e altre curiosità. Nel Cinquecento, l’avvento della stampa favorì il successo degli almanacchi che diventarono il principale mezzo d’informazione e di diffusione culturale tra la popolazione contadina ed artigiana. L’Almanacco perpetuo di Benincasa non fa eccezione e comprende argomenti di vario genere: un «discorso bellissimo sopra le qualità, e moti del cielo e della Terra», un trattato sulle eclissi del Sole e della Luna, un calendario dei mesi dell’anno, un lunario perpetuo, un discorso sui sette pianeti che «inclinano li corpi humani»,  annotazioni dell’influenza della Luna sui segni dello Zodiaco, una tavola «dei giorni infelici, dei giorni buoni e cattivi di cavar sangue», un pronostico «sull’influenza della Luna sulle malattie», tavole «per sapere il dì quando è buono de andare à caccia, & insegnare Cani, e Falconi», un trattato sui giorni buoni «a far elettione per pigliar medicine, e purgazioni e per l’Agricoltura e utilità degli huomini», una «tavola clematerica del nascimento dell’huomo insino alla sua vecchiezza». Il volume rivela «altri belli secreti sopra l’Agricoltura», contiene un «pronostico di sapere con li segni naturali, le pioggie, li venti, li caldi, li freddi e le tempeste à giorno», un trattato sui venti, sulla navigazione e per «conoscer li tempi buoni e cattivi», spiegazioni sull’origine di grandine, pioggia, neve, nebbia, venti e terremoti. Parte del volume è dedicata alle «cose principali e bellissime successe al mondo da ponente a levante» sin dalla nascita di Cristo e ad uno scritto «delli dodici segni dello Zodiaco né quali si discorre dell’inclinatione dè gli huomini, e che pianeta li domina, del cavar del sangue dell’insertare gli alberi, del seminare, del coltivare, &c.» (R. Benincasa, Almanacco perpetuo, Napoli, per lo Beltrano, 1636, s.n.p.).

Pagine di osservazioni scientifiche, soprattutto astronomiche e meteorologiche, si alternano a previsioni ottenute con calcoli di carattere magico-astrologico e cabalistico. Nel capitolo dedicato al «Pronostico perpetuo», a proposito dell’anno 1637, si legge: «In quest’anno 1637 si vederà gran effusione di sangue, e molti danni accaderanno, & questo per ritrovarsi Saturno con la coda del Dragone, & perché ancora si ritrova nella prima Casa del Cielo significa per questo gran Guerre, imperffettioni, & pericoli di Re, Liti, Discordie, e danni nelle Mercantie» (ivi, p. 126). Nel «Discorso dei VII pianeti che inclinano i corpi umani», Mercurio è così descritto: «Il secondo pianeta è Mercurio, e genera l’huomo di mediocre statura, con lunghe mani, e lunghi denti, la barba rada, de ingegno grande, & ha dominio sopra li Arithmetici, Geometrici, Astrologi, Musici e Mercanti» (ivi, p. 169). Rutilio dedica, inoltre, ampio spazio  ai pronostici che si potevano trarre da calcoli numerici: la  regola del  nove consentiva di prevedere se  «moriva  prima  il  marito o  la  moglie», quella  del sette di «sapere se una donna fa maschio ò femina» (ivi, p. 343).

L’Almanacco Perpetuo ebbe molte ristampe, tanto che Spiriti, nel 1750, annotava che era stato «impresso in Italia trenta volte» (S. Spiriti, Memorie degli scrittori Cosentini, 1750, p. 122). Fu pubblicato in diversi paesi europei e tradotto in Spagna, nel 1718, per licenza di Ivan Jolis, gran astronomo del principato di Cataluna-Barcelona, col titolo Almanac universal, o pronostico compuesto por el gran Rutilio Benencasa consentino (Almanac universal, Barcellona, 1718). Nelle edizioni del 1636 e del 1647 si riscontrano notevoli differenze dall’originale dovute alle aggiunte operate da Ottavio Beltrano (fl. 1620-1660) di Terranova da Sibari, «che a giudizio de’ Savj, invece d’illustrarlo, lo rendette storpio, e confuso con mille ciance» (S. Spiriti, Memorie degli scrittori Cosentini, 1750, p. 122). L’attività di fecondo tipografo di Ottavio Beltrano ebbe inizio a Cosenza intorno al 1620 e si concluse in Ancona nel 1660 circa (A. Cioni, Ottavio Beltrano, in Dizionario Biografico degli Italiani, vol. 8, 1966). Il Beltrano fu autore di alcuni scritti, tra cui una fortunata guida del Regno di Napoli (Breve descrizione del Regno di Napoli diviso in xii Provincie, 1640), e nella sua attività di tipografo si contano la pubblicazione di una ristampa della Vaiasseide (1626) e de La rosa (1629) di Giulio Cesare Cortese, l’edizione di uno scritto polemico dell’agostiniano Giovan Battista Castaldi (Animadversiones Ioannis Baptistae Castaldi Neapolitani Clerici Regularis, Surrenti, Typis Octavii Beltrani, 1637), la stampa di alcune raccolte poetiche di Pietro e Prospero Bonarelli della Rovere (Melodrammi e poesie drammatiche, 1651), ma la sua notorietà è legata soprattutto alle ristampe dell’Almanacco perpetuo. Il 6 gennaio 1636, nel dedicare l’opera a Teodoro Mandatoricci, duca di Crosia e signore della Baronia di Pietrapaola, Caloveto e Calopezzati, precisava: «E perciò io umilmente gli presento, e dedico questa picciola (non già mia fatica dell’Almanacco) ma ben mia dir potrei, atteso, l’hò corretta da infiniti errori, & accomodata à questi molte curiosità; che quale ella si sia gliela consagro» (R. Benincasa, Almanacco perpetuo, 1636, s.n.p.). Lo stesso Beltrano, più avanti, così avvertiva i lettori: «Non solo il presente Almanacco haveva bisogno dell’accomodamento del trasportar de gli anni già passati, à questi nostri tempi (come è cosa perpetua), qual hora si è fatto; ma ancora di molti, & infiniti errori, di molte cose duplicate nella Prima, nella Seconda, e Terza Parte; quale il numerargli qui, sarebbe addurre maggior confusione allo Lettore, e perciò si tacciono. In quanto poi alli Pronistichi, & à qualsivoglia altra cosa appartenente à giuditij astrologici, non li ho voluto toccare: acciò sia sempre la volontà dell’Autore approvato da tutti ne viene» (s.n.p.). E ancora: «Quest’Opera non occorre, che ve la lodi, ne tampoco, che ve l’essageri, che già sapete con quanto applauso è stata, & sarà sempre ricevuta». Nell’edizione del 1647, Beltrano provvide a distribuire gli argomenti in quattro parti (astronomia, medicina, agricoltura, navigazione) e ne aggiunse una quinta sulla matematica di suo pugno (cfr. S. Menchi, Rutilio Benincasa, in Dizionario Biografico degli italiani, vol. 8, 1966).

L’Almanacco di Rutilio Benincasa ben rappresenta ed esprime il grande interesse per la Cabala che animava molti studiosi cosentini nel Cinquecento. Considerata deposito della rivelazione divina di profonde verità, la Cabala doveva essere opportunamente interpretata da uomini dotati di spirito profetico e particolare saggezza. Secondo alcuni Rutilio era ebreo ed aveva, quindi, una naturale propensione verso la cabalistica; secondo altri ne fu fortemente attratto e influenzato. Nel gennaio del 1586, sette anni prima della pubblicazione dell’Almanacco perpetuo, Sisto V aveva emanato la bolla Coeli et terrae con cui condannava l’astrologia come superstizione, per questo motivo Rutilio si preoccupò  di distinguere la «sincera astrologia naturale» dalle «varie fantasie di Caldei, Arabi, Giudei» senza rinunciare, tuttavia, a fornire  veri e propri oroscopi individuali in base alla divisione dello zodiaco comunemente attribuita a Tolomeo (S. Menchi, Rutilio Benincasa, in Dizionario Biografico degli  italiani, vol. 8, 1966).

Costituito da un sincretismo tra credenze popolari e cognizioni scientifiche, il libro è dedicato ad astrologi, fisionomici, medici, fisici, chirurghi, barbieri, distillatori, alchimisti, agricoltori, pittori, nocchieri, viandanti e mastri di campo. L’astrologia, complesso di credenze e tradizioni secondo cui i corpi celesti  influenzavano gli eventi umani, veniva considerata un’arte legata all’astronomia ma, dopo la rivoluzione copernicana, le due discipline iniziarono a separarsi e l’astrologia venne confinata a forma di sapere popolare. Nel Settecento Salvatore Spiriti scriveva, non senza sarcasmo, che il trattato di Rutilio era ricercatissimo dai «molti scimuniti» che, ritenendolo un mago e un indovino attendibile, credevano di trovarvi conferma e chiarimento su «infiniti misterj di cabala» (S. Spiriti, Memorie degli scrittori Cosentini, 1750, pp. 122-123). Non sarà inutile ricordare che, all’epoca in cui scriveva lo Spiriti, l’astrologia aveva già da tempo perso ogni connotazione di credibilità scientifica, e veniva ormai riconosciuta dalla maggior parte dei dotti e degli uomini di scienza come una forma di sapere popolare, confinata nell’ambito delle credenze popolari, e diffusa attraverso una produzione editoriale che non riceveva più, come in passato, l’attenzione della comunità scientifica.

L’Almanacco ebbe dunque grande fortuna nel mondo popolare, e le capacità profetiche di Rutilio continuarono ad essere apprezzate presso certi ambienti eruditi. Al Benincasa è attribuita la compilazione di 19 tavole che permettevano di individuare i numeri «simpatici» da giocare per ottenere vincite sicure al lotto, e forte è il dubbio che possano essere state aggiunte dal Beltrano. Al pari di Cagliostro e Nostradamus, Benincasa era considerato uno dei più grandi astrologi e indovini del Cinquecento e la sua fama, diffusa  in Italia e in Europa, rivive nelle citazioni di diversi storici e scrittori. L’abate Troyli annotava nel 1752: «Avendo la città di Cosenza (o sia il Casale di Rogliano ivi contermine) anche avuto il suo Rotilio Benincasa: il quale nel comporre l’Almanacco Perpetuo si rese ammirabile nell’Astronomica intelligenza. Perochè dispose in tal guisa nel medesimo la combinazione degli anni sotto d’una istessa costellazione, e ne fece sì chiari i pronostici; che difficilmente si rattrova, chi in questo uguagliar lo possa» (P. Troyli, Istoria generale del Reame di Napoli, 1752, p. 320). Il Verga, nel Mastro don Gesualdo, non esita ad arricchire così un suo passaggio: «Poi si diedero a strologare i numeri del lotto insieme a donna Bellonia, che era corsa a prendere il libro di Rutilio Benincasa» (G. Verga, Mastro don Gesualdo, 1988, p. 1050). E nel Gattopardo, Tomasi di Lampedusa scrive che sull’interpretazione delle qualità  ruffianesche e afrodisiache di una dozzina di pesche «erano state consultate megere espertissime e libri disvelatori di arcani tra i quali in primo luogo il Rutilio Benincasa, l’Aristotile delle plebi contadine», consegnandoci così una arguta definizione del nostro (G. Tomasi Di Lampedusa, Il Gattopardo, 1997, pp. 115-116).

A dispetto della scarsità delle notizie biografiche, numerosi sono gli aneddoti che ancora oggi si possono ascoltare sulle sue abitudini e il carattere stravagante. Si racconta che Rutilio amasse recarsi nei pressi della Funtanella, una sorgente posta tra i borghi di Tursano e Sant’Ippolito, dove le donne andavano ad attingere l’acqua, e stare lì a lungo seduto. Durante una notte stellata, mentre rimirava il cielo e osservava le combinazioni degli astri, un contadino  gli sentì dire: «Viatu chini oji chianta li favi». Di buon mattino, questi andò a piantare le fave nel suo campo ottenendo, qualche mese dopo, un raccolto così abbondante da poterne distribuire a tutto il vicinato dopo aver fatto abbondante provvista per l’inverno (O. Parise, Rutilio Benincasa, astrologo, mago indovino, 2012). Una leggenda popolare, analoga a molte altre diffuse in Europa, tramanda che, prima di farsi uccidere da un servitore, gli avesse ordinato di seppellirlo sotto uno strato di letame che doveva essere innaffiato con del latte per tre volte al giorno: in questo modo avrebbe visitato l’Aldilà per poi rinascere e raccontare il suo viaggio tra i morti. Prima di essere ucciso aveva avuto cura di scrivere nove epistole, ogni mese ne doveva essere consegnata una al padre per dargli sue notizie, ma il servo invertì l’ordine delle ultime due ed egli fu dissotterrato in anticipo.  Nel punto in cui era stato sepolto, fu ritrovato un feto immaturo dal cordone ombelicale attaccato alla terra che, prima di spirare, disse: «Si Rutiliu campava, i cosi i l’autru munnu cuntava» (D. Re, L. Re, Rutilio Benincasa cosentino, «l’Aristotile delle plebi contadine»,2007).

Il conte di Modena Esprit de Raymond de Mormoiron, che fu testimone dei tumulti napoletani capeggiati da Masaniello, racconta: «Rutilio Benincasa, autre astrologue, qui mourut quelque tems avant ces tumultes, assura, dans un almanach qui fut imprimé sous son nom, qu’en l’année 1647 on verrait arriver à Naples un grand soulèvement de la populace, causé par les impôts publics, qui produiraient d’horribles désordres» (E. De Raymond De Mormoiron, Mémoires du comte De Modène, 1827, p. 14). Si narra che il Benincasa fu maestro di cabala di papa Sisto V, il quale, per tenere nascosta la sua passione e non avere rivali nella divinazione, lo fece uccidere da un sicario, a sua volta condannato a morte dall’Inquisizione (S. Menchi, Rutilio Benincasa, in Dizionario Biografico degli  italiani, vol. 8, 1966). È probabile che i due si siano realmente incontrati, ma la morte violenta di Rutilio ordinata dal pontefice è facilmente confutabile in quanto il Papa morì nel 1590, tre anni prima della pubblicazione dell’Almanacco perpetuo.

Non sappiamo quando, né dove, Rutilio morì. Secondo lo Spiriti, la morte lo colse intorno al 1626 (S. Spiriti, Memorie degli scrittori Cosentini, 1750, p. 122).

Bibliografia

Fonti e studi

L. Accattatis, Le biografie degli uomini illustri delle Calabrie, vol. ii (sec. xvi e xvii), Cosenza, Tip. Municipale, 1870, p. 106.

Almanac universal, o pronostico compuesto por el gran Rutilio Benençasa consentino”, sobre el Año del Señor de 1718. Traducilo de Italiano en Español, por el Licenciado Grau Lorenco Astronomo, natural del Principato de Cathaluna, Barcellona, Ivan Jolis, 1718.

O. Beltrano, Breve descrittione del Regno di Napoli diviso in dodici provincie nella quale con brevità si tratta della città di Napoli, delle città, e terre più illustri del Regno con le famiglie nobili, con i vescovadi & arcivescovadi, e santi che sono in esso, Napoli, Ottavio Beltrano, 1646.

R. Benincasa Cosentino, Almanacco perpetuo, con la terza parte, & fisonomia naturale dell’istesso autore di nuovo aggiuntovi in questa ultima impressione molte, e varie curiosità; come anco corretta, & accomodata à questi nostri tempi da Ottavio Beltrano di Terranova di Calabria Citra. Opera molto necessaria, dilettevole, fruttuosa, e utile: Così ad Astrologi, Medici, Agricoltori, Cocchieri, come à qualsivoglia altra curiosa persona. Con una copiosa, e generale Tavola di tutto quello che si contiene, nell’Opera, Napoli, Ottavio Beltrano, 1636 (ried. Napoli, per il Beltrano, 1639, 1646, 1647; in Ancona, appresso il Beltrano, 1653).

R. Benincasa  Cosentino, Almanacco Perpetuo  di  Rutilio Benincasa illustrato e  diviso in  cinque  parti  da  Ottavio  Beltrano di Terranova di Calabria Citra, Venezia,  presso  Antonio  Zatta,  1798, p. 343.

A. Cioni, Beltrano, Ottavio, in Dizionario Biografico degli Italiani, vol. 8, Roma, Istituto della Enciclopedia Italiana, 1966.

A. Cioni, Carlino, Giovanni Giacomo, in Dizionario Biografico degli Italiani, vol. 20, Roma, Istituto della Enciclopedia Italiana, 1977.

L. Coscarella, L’astronomo un po’ filosofo, «Il Quotidiano della Calabria», Cosenza, 28 novembre 2010.

G. Di Marzo, Biblioteca storica e letteraria di Sicilia ossia  Raccolta di opere inedite o rare di scrittori siciliani dal secolo xvi al xix, vol. iii, Palermo, Luigi Pedone Lauriel, 1869, p. 88.

G. Di Marzo, Città di Palermo dal secolo xvi al xix pubblicati sui manoscritti della Biblioteca Comunale, vol. ix, Palermo, Luigi Pedone Lauriel, 1871.

V. M. Egidi, M. Borretti, I Telesio. Regesto dei documenti del secolo XVI, a cura di Raffaele Borretti, Introduzione di Luigi De Franco, Cosenza, MIT Press, 1988.

F. Indovino, Il mezzo più sicuro per vincere al lotto o sia nuova lista generale de’ sogni, co nome di tutte le cose, e numeri corrispondenti alle estrazioni di Roma e Napoli opera di Fortunato Indovino e di Albumazar da Carpenteri descritta ed accresciuta di due smorfie, e di 90 figure del giuoco romano dell’anonimo cabalista. Con l’aggiunta delle 19 tavole del 1500 di Rutilio Benincasa, Macerata, dalla stamperia di Antonio Cortesi, 1796.

S. Menchi, Rutilio Benincasa, in Dizionario Biografico degli  italiani, vol. 8, Roma, Istituto della Enciclopedia Italiana, 1966.

A. Mongitore, Bibliotheca Sicula, sive de scriptoribus siculis, 2 voll., Panormi, ex typographia Didaci Bua, 1704-1714.

O. Parise, Rutilio Benincasa, astrologo, mago indovino, «Mezzoeuro», Cosenza, 7 aprile 2012.

E. de Raymond de Mormoiron, Mémoires du comte de Modène, sur la révolution de Naples de 1647, t. ii, Paris, Chez Pelicier et Chatel, 1827.

D. Re, L. Re, Rutilio Benincasa cosentino, «l’Aristotile delle plebi contadine». La vita, i racconti, le leggende, le fiabe, gli scritti, il suo Almanacco perpetuo «celeberrimo trattato di astronomia e astrologia», Torano Castello, Provincia di Cosenza – Pubblica Istruzione e Politiche culturali, Progetto promozione del libro e della lettura, 2007.

E. Sergio, Bernardino Telesio. Una biografia, Napoli, Guida, 2013.

S. Spiriti, Memorie degli scrittori cosentini, Napoli, nella Stamperia de’ Muzj, 1750.

T. Partenopeo, Discorso all’Almanacco di Rutilio Benincasa del signor Talete Partenopeo professor delle Matematiche, Napoli, Ettorre Cicconio, 1651.

G. Tomasi di Lampedusa, Il Gattopardo, Milano, Feltrinelli, 1997.

P. Troyli, Istoria generale del Reame di Napoli ovvero Stato antico, e moderno delle Regioni, e Luoghi, che ‘l Reame di Napoli compongono, una colle loro prime Popolazioni, Costumi, Leggi, Polizia, Uomini Illustri e Monarchi, t. iv, p. iv, Napoli, s.n.t., 1752.

Unica cabala del lotto completa. Contiene le formule cabalistiche di Cornelio Agrippa e Pico della Mirandola. Interpretazione dei sogni col giusto modo di giocare i numeri, metodo di conoscere le combinazioni d’ambo, terno e quaterna. Le vere 12 tavole e la chiave responsiva numerica di Rutilio Benincasa, costruita sulle basi degli antichi cabalistici e aggiornato dal Monaco Calabrese, Milano, Bietti, 1930.

G. Verga, Mastro don Gesualdo, in Opere di Giovanni Verga, Milano, Mursia, 1988.