di Sandra Plastina

1542-1559

Tarquinia Molza nacque a Modena nel 1542, discendente da una nobile famiglia di origine romana, nipote di Francesco Maria Molza, figlia di Camillo e Isabella di Antonio Colombi. La sua particolare predisposizione agli studi si rivela fin dai primi anni e la sua educazione viene affidata a Don Giovanni Bertori, detto il Poliziano.
Fin dalla più tenera età, dunque, le attitudini rivelate da Tarquinia avevano indotto i familiari a concederle un percorso formativo diverso da quello delle altre bambine, se è vero quanto afferma lo storico modenese Carlo Sigonio (1523-1584), secondo quanto riportato da Tiraboschi (Biblioteca modenese, III, 1783, pp. 146-152):
«Tarquinia fu posta dalla madre insieme con le sorelle ad essercitij femminili del cucire. Il quale ella andò fuggendo sempre che poté, perciò che avanti che conoscesse lo A.B. era sì vaga di tenere un libricciuolo in mano e di mirarvi su e di leggervi quando la madre non era presente, [che] tratto fuori un libro che di continuo portava di nascosto e posto giù l’aco, si dava a leggere [...]. Nel quale nobilissimo furto fu più volte colta e dalla madre, che dispiacere ne sentiva, e dal padre, che infinito piacere ne prendeva. Il quale fu tanto dalla Tarquinia pregato che a lei facesse insegnare ciò che don Giovanni insegnava a’ fratelli, che co’ suoi vezzi gratiosissimi fu sforzato a compiacerle».

Alla morte del padre la giovane, affidata alla protezione del cardinale Farnese e in seguito dello stesso Duca, cominciò la sua formazione musicale, evidenziando un grande talento che la portò ad essere considerata dal compositore Pietro Vinci la migliore interprete dei suoi madrigali.

1560

Matrimonio con il cavaliere Paolo Porrino, da cui non nacquero figli.

1568

In occasione della visita di Alfonso II a Modena, Tarquinia per l’eccellenza della sua arte, suscitò gli apprezzamenti del Duca, che, come ricorda Francesco Patrizi ne L’amorosa filosofia (a cura di J. Ch. Nelson, Firenze, Olschki, 1963, pp. 38-42) la ascolta esibirsi «in compagnia de’ primi musici della sua cappella sopra alcuni difficili madrigali del Vincio» e «cantare a liuto», rendendole grandi onori. Tra il maggio e l’ottobre dello stesso anno conobbe Torquato Tasso, che la celebrerà nel sonetto «Donna ben degna che per voi si cinga», dedicandole un gran numero di componimenti (tra cui uno, famoso, «Tarquinia, se rimiri i bei celesti giri») e il dialogo La Molza ovvero de l’Amore.

1569-1577

Il primo incontro di Francesco Patrizi con Tarquinia Molza risale all’incirca al 1569. Principale fonte biografica per quanto riguarda la dama modenese, è L’amorosa filosofia, dialogo scritto a Modena dallo stesso Patrizi tra l’aprile e l’agosto del 1577, che costituirà, almeno in relazione al percorso degli studi intrapresi dalla giovane, fonte privilegiata anche per la settecentesca biografia di Domenico Vandelli, inclusa nell’edizione della vita e delle opere di Francesco Maria Molza curata da Pier Antonio Serassi. Il Vandelli dichiara, appunto esplicitamente, a p. 8 della biografia, di essersi rifatto al Patrizi per tracciare il profilo del corso di studi della giovane donna (v. infra, Bibliografia).

Sotto la guida del filosofo di Cherso, dal 1575 Tarquinia approfondì lo studio del greco e della filosofia e apprese i rudimenti della lingua spagnola.

Influenze astrali propizie ed una schiera di maestri eccellenti concorrono, nel disegno del Chersino, a determinare il prodigio della creatura più perfetta, atta a riunire in sé e superare le doti più preziose maschili e femminili nell’archetipo ideale dell'androgino, caro all’iconografia ed all’imagerie letteraria ed artistica del tempo. Il primo libro de L’amorosa filosofia (cit., pp. 18-19) contiene le orazioni in lode di Molza pronunciate nella casa del senese Patrizio Patrizi, lontano parente del filosofo. Tra i nove interlocutori, scelti dal filosofo di Cherso per animare il primo dialogo, oltre a Sperone Speroni, compare anche Bernardino Telesio, a conferma dell’interesse nutrito da Patrizi per l’opera innovativa del filosofo cosentino. Nelle pagine iniziali del dialogo si fa riferimento ad un cenacolo svoltosi a Roma nel maggio del 1577:

«Quar<e>ngo: Dopo lo havermi adunque il Patrizio dato conto de’ suoi negotii e de’ suoi molti e gravi travagli, e in Ispagna e nel ritorno, mi venne appresso seguendo, come giunto a Modona, fusse raccolto dal cavaliere Alessandro Baranzone suo antico et cordiale amico, huomo saggio, [...] e come pochi giorni <in> poi fusse da altri amici suoi di studio introdotto alla divina [T. Molza], e come a poco a poco fusse ito scoprendo e conoscendo le sue eccellenze; e come si disponesse ad insegnarle la lingua greca et introdurla a Platone et a’ pythagorici, poi che in Aristotele conobbe ella essere molto avanti; e come a richiesta di lei di servirla due anni, di promessa si fosse disposto, et sempre poi di volontà; e come al maggio venente [1577] fosse per sue bisogne ito a Roma; e come quivi havea alloggiato in casa il signor Patritio Patritii Sanese [...] Mi narrava poi che stando egli quivi, il signor Patritio, [...] havea per uso di avere seco a desinare a cena più amici suoi e gallanti huomini. Ove di varie e nobili cose si ragionava, e che fra l’atre una mattina vi si trovarono messer Sperone Speroni nostro, messer Carlo Gualterucci, messer Carlo Segonio, [...], et con lui messer Hortensio Grilenzoni e messer Benedetto Manzuolo e messer Gasparre Silingardo, tutti e cinque Modanesi, messer Marco Felini Cremonese, messer Fabritio Dentici Napoletano, messer Bernardino Telesio Cosentino, messer Maffeo Venieri Venetiano, messer Vi<n>cenzo Cantoni Sanese [...]». (F. Patrizi, L’amorosa filosofia, cit. pp. 8-9).

Alla fine della terza giornata il dialogo propone per bocca della stessa Molza l’originale tesi sull’amore elaborata da Patrizi che giunge a individuare nella filautia la fonte di ogni amore, anche di quello divino.

Il filosofo di Cherso le dedicò poi il III tomo delle Discussiones peripateticae (Basilea, 1581): «A qual huomo, potrei io con più ragione offrir le mie fatiche che a Voi, la più dotta tra tutte le più illustri matrone […] A queste si belle doti d’ingegno, s’aggiungono la nobiltà della stirpe, a rara bellezza, gli egregi costumi, la singolar pudicizia».

Nel 1577 Patrizi fu chiamato a Ferrara da Alfonso II. La corrispondenza con la poetessa continuò e la frequentazione riprese dopo il trasferimento di Tarquinia a Ferrara.

1579-1583

Alla morte del marito Paolo Porrino, avvenuta nel 1579, Tarquinia, coinvolta in varie liti giudiziarie con la famiglia Porrino, chiese e qualche anno dopo ottenne protezione presso la casa d’Este.

Alla corte estense si era costituito il Concerto delle dame, ensemble formato da Laura Peperara, Anna Guarini (la figlia di Giovan Battista) e Livia d’Arco, che rappresentò uno dei più innovativi complessi musicali della penisola, costituito da tre voci soliste accompagnate da tre strumenti, il liuto, la viola da gamba, e l’arpa. Molza esercitò un ruolo di guida e contribuì alla vita musicale dando un forte impulso al Concerto. Alla corte ferrarese la poetessa diventò in quegli anni protagonista della vita mondana e culturale; celebrata da poeti e letterati, compare tra l’altro come interlocutrice nei Discorsi di Annibale Romei.

Nel 1583 venne assunta alla corte di Alfonso II come dama d’onore di Margherita Gonzaga, terza moglie del duca.

1589

Scoperta la relazione di Tarquinia con il compositore Jacques de Wert (1535-1595), maestro di cappella di Alfonso II, giudicata sconveniente, furono entrambi banditi dalla corte. Tarquinia rientrò a Modena dove rimane fino al 1617, anno della sua morte.

Se l’adolescenza e la giovinezza della Molza trascorrono, stando alle testimonianze biografiche in nostro possesso, tra lezioni di letteratura e poesia antiche e moderne, di canto e di musica, tutta la sua maturità si muove nel segno della «civil conversazione» cortigiana e accademica. A Modena la sua casa divenne punto di riferimento intellettuale della città e la sua fama si consolidò nel tempo.

Della produzione poetica di Tarquinia ci restano una trentina di componimenti volgari, in prevalenza madrigali, sei componimenti latini ed un distico greco. L’ammirazione suscitata dalla sua produzione poetica fu tale che Patrizi nel Della poetica, nel tessere l’elogio della cultura alla corte estense, inserisce Tarquinia in un canone poetico molto prestigioso accanto a Tasso:

«Qui similmente se non rinacque fu al rinascere vicina la lirica latina per Ercole e Tito Strozzi, e la toscana per l’Ariosto, ed ora con tanta felicità vi fiorisce nel Cavaliere Battista Guarino e in Torquato Tasso e in Tarquinia Molza e in tanta altra gioventù, che di sé ben tosto spargerà il grido» (F. Patrizi, Della Poetica, 3 voll., a cura di D. Aguzzi Barbagli, Firenze, Istituto Nazionale di Studi sul Rinascimento, 1969-1971, vol. i, p. 4).

Del tanto celebrato canzoniere della Molza sopravvive ben poco; la causa è da ricercarsi innanzitutto nel fatto che la sua autrice non ne curò un’edizione, né lo fecero altri per lei, come accadde invece nel caso delle Rime di Gaspara Stampa, edite nel 1554 a cura della sorella Cassandra. Ed un altro motivo fondamentale è stato giustamente messo in risalto: «il mancato interesse della Molza per la pubblicazione delle sue poesie pare, dunque, da attribuirsi alla duplice prospettiva di una oralità da intendersi come performatività legata alla pratica dell’esecuzione musicale e di una produzione poetica da fruire nell’ambito della ‘conversazione’ in corte o in Accademia» (cfr. M.G. Cavallari, L’insegnamento di Patrizi in alcuni madrigali di Tarquinia Molza, p. 134). Una poesia, dunque, legata ad un sistema di trasmissione orale, affidata alla memoria, e a quella prodigiosa di Tarquinia, a cui, in più luoghi de L’amorosa filosofia, Patrizi, ammirato, fa riferimento.

Tra i componimenti della poetessa giunti fino a noi, il più strettamente collegato all’esperienza di studio con Patrizi è certo quello citato ne L’amorosa filosofia, dove il Chersino in prima persona racconta dello studio del greco condotto sotto la sua guida, dei velocissimi progressi, di come il Fedro di Platone abbia costituito la base per le esercitazioni linguistico-grammaticali, ma non solo, poiché delle «sentenze et concetti di scienza altissimi che nel Fedro si contengono», tenacemente penetrati ed appresi, Tarquinia si vale in poesia: e ne è riprova il madrigale O quante volte mi ritorna a mente:

«O quante volte mi ritorna a mente
Quel dì felice e ’l loco
Ove Amor dolcemente
Il petto m’arse d’invisibil foco.
Alhor vidi raccolto in human velo
Tanta luce e beltade,
Leggiadria e honestade
Quanta già vidi e contemplai nel cielo.
E piena di stupore
La mente e ’l cor d'horrore
Più volte gli occhi e ’l bel viso mirai.
Poi dalla maraviglia un tal diletto
Mi nacque al cor, ch’altro più non bramai
Che contemplando unirmi al caro oggetto».
(F. Patrizi, L’amorosa filosofia, cit., p. 64).

1600

In virtù delle sue doti poetiche e musicali a Roma le fu conferito il titolo di «Unica» e il Senato romano le concesse il privilegio della cittadinanza onoraria, mai attribuito prima ad una donna.

1617

Tarquinia morì a Modena l’8 agosto del 1617 e fu sepolta nel Duomo della città, dove ancora oggi una lapide la ricorda.

 

Bibliografia

N. Catelli, Molza, Tarquinia, in Dizionario biografico degli italiani, vol. 75, Roma, Istituto dell’Enciclopedia italiana, 2011.

M.G. Cavallari, L’insegnamento di Patrizi in alcuni madrigali di Tarquinia Molza, in Francesco Patrizi filosofo platonico nel crepuscolo del Rinascimento, a cura di P. Castelli, Firenze, Olschki, 2002, pp. 129-138.

E. Durante, A. Martellotti, Cronistoria del Concerto delle dame principalissime di Margherita Gonzaga d’Este, Firenze, Spes, 1989.

F. Forciroli, Vite dei modenesi illustri, a cura di S. Cavicchioli, Modena, Aedes Muratoriana, 2007.

I.B. Jaffe, G. Colombardo, Shining eyes, cruel fortune. The lives and loves of Italian Renaissance women poets, New York, Fordham University Press, 2002, pp. 311-338.

A. Martellotti, Tarquinia Molza e il Concerto delle dame, «Atti e memorie dell’Accademia di scienze, lettere ed arti di Modena, Memorie scientifiche, giuridiche, letterarie», xii, 2009, pp. 259-303.

A. Newcomb, Tarquinia Molza, in The New Grove Dictionary of music and musicians, Oxford, Oxford University Press, 2001.

F. Patrizi, Discussiones peripateticae, 4 voll., Basileae, Perna, 1581.

F. Patrizi, L’amorosa filosofia, a cura di J.Ch. Nelson, Firenze, Olschki, 1963.

F. Patrizi, Lettere e opuscoli inediti, a cura di D. Aguzzi Barbagli, Firenze, Olschki, 1975.

F. Patrizi, Della poetica, 3 voll., a cura di D. Aguzzi Barbagli, Firenze, Istituto Nazionale di Studi sul Rinascimento, 1969-1971.

F.M. Molza, Delle poesie volgari e latine di Francesco Maria Molza, corrette, illustrate ed accresciute, volume secondo contenente le cose inedite, e gli opuscoli di Tarquinia Molza, nipote dell’autore. Si premette la vita di Tarquinia compilata dal Signor Domenico Vandelli, pubblico Professore delle Matematiche nell’Università di Modena, a cura di P.A. Serassi, Bergamo, Pietro Lancellotti, 1750 (contiene gli Opuscoli di T. Molza, pp. 39-94, in paginazione separata; in particolare, il Carmide di Platone volgarizzato dal greco, alle pp. 39-69; il Critone, in traduzione parziale, alle pp. 70-80; le Rime di e in lode di Tarquinia, alle pp. 81-93; il breve Parere della Signora Tarquinia Molza, Che la Filosofia è veramente scienza, ancor fuori delle Matematiche facoltà, a p. 94. La Vita di Tarquinia Molza del Vandelli è alle pp. 3-25; alcune testimonianze d’uomini dotti «intorno alla persona di Tarquinia Molza» sono alle pp. 26-28).

T. Molza, Opuscoli inediti di Tarquinia Molza Modenese, Con alcune poesie dell’istessa quasi tutte per l’addietro stampate, ma ora per la prima volta raccolte, e poste insieme. Si premette la vita di Tarquinia compilata dal Signor Domenico Vandelli, pubblico Professore delle Matematiche nell’Università di Modena, Bergamo, Pietro Lancellotti, 1750 (in F. M. Molza, Delle poesie volgari e latine, volume secondo, cit.).

F.M. Molza, Delle poesie volgari, e latine di Francesco Maria Molza. Corrette, illustrate ed accresciute, volume terzo. Contenente Poesie e Prose, Italiane e Latine, inedite, di Francesco Maria, e di Tarquinia Molza, ed altre a loro dirette, a cura di P.A. Serassi, Bergamo, Pietro Lancellotti, 1754 (gli scritti di T. Molza sono alle pp. 22-27, e i sonetti in lode di Tarquinia, da parte di autori noti e inediti, sono alle pp. 28-38).

L. Stras, Recording Tarquinia: imitation, parody and reportage in Ingegneri’s «Hor che ’l ciel e la terra» e «l vento tace», «Early Music», xxvii, 1999, pp. 358-377.

G. Tiraboschi, Biblioteca Modenese, iii, Modena, presso la Società tipografica, 1783, pp. 146-152.

C. Vasoli, Francesco Patrizi da Cherso, Roma, Bulzoni, 1989, pp. 181-204.

C. Ulffers, A study of the musical influence of Tarquinia Molza on Patrizi’s «L’amorosa filosofia», in Francesco Patrizi filosofo platonico nel crepuscolo del Rinascimento, a cura di P. Castelli, Firenze, Olschki, 2002, pp. 139-164.