di Francesco G. Sacco

ca. 1515

Le origini di questo noto eretico furono per lungo tempo oggetto di controversia. Su di esse, come sul resto della figura di Gentile, ha di recente fatto luce Luca Addante (L. Addante, Valentino Gentile e il dissenso religioso nel Cinquecento: dalla Riforma italiana al radicalismo europeo, Pisa, Edizioni della Normale, 2014). Giunto a Ginevra nel 1557, nella chiesa italiana fu registrato quale «Valentino Gentile di Cosenza nel regno di Napoli» (H. Fazy, Procès de Valentin Gentilis et Nicolas Gallo 1588, in Mémoires de l’institut national genevois, tome 13, Genève, Kessmann, 1877, p. 2). All’inquisizione romana non dovettero sfuggire le reali origini di Gentile. In una lettera al Sant’Uffizio Mariano Perbenedetti, vescovo di Martirano, non aveva mancato di elencare Valentino Gentile tra gli eretici di Scigliano. Pur facendo parte dell’antica sede vescovile di Martirano, questo libero borgo era al tempo l’ultimo casale meridionale di Cosenza. In quanto tale inviava propri rappresentanti al parlamento cittadino. Tra questi, nell’anno 1537, è annoverato lo stesso Gentile. In quanto nativo di un casale di Cosenza, egli godeva del diritto di cittadinanza nel capoluogo e per questo si definiva cosentino (L. Addante, Valentino Gentile e il dissenso religioso nel Cinquecento, cit., pp. 23-26). A conferma che Gentile fosse nativo di Scigliano, Luigi Accattatis cita anche un falso manoscritto seicentesco composto forse dall’eccentrico erudito di origini sciglianesi Ferrante Stocchi (L. Accattatis, Le biografie degli uomini illustri delle Calabrie, Cosenza, Tipografia municipale, 1870, p. 39; A. Mazzacane, Calà, Carlo, in Dizionario biografico degli italiani, vol. 16, Roma, Istituto dell’Enciclopedia Italiana, 1973).

Dai documenti processuali pubblicati dai suoi accusatori, ha origine la tradizione che vuole Gentile nativo della città bruzia. «Campanus post relictam patriam Cosentiam» lo definisce il teologo Benedikt Matri, detto Aretius, suo accusatore a Berna (B. Aretius, Valentini Gentilis iusto capitis supplicio, Genevae, ex officina Francisci Perrini, 1567, p.7). Alle opere di Giovanni Calvino, Thèodore de Béze e Aretius attinsero anche controversisti cattolici. Al pari degli inquisitori d’oltralpe, Roberto Bellarmino definì Gentile un secondo Serveto, che «ex patria sua Consentia Genevuam ad Calvinum venit» (R. Bellarmino, De controversiis christianae fidei, Lugduni, Ioannem Pillehotte, 1587, p. 11). Richiamandosi all’opera di Aretius, Stanislaw Reszka descrisse la setta dei gentilisti come «sectatores et discipulos Valentini Gentilis itali, patria consentini» (S. Reszka, De atheismis et phalarismis evagelicorum, Neapoli, apud Io. Iacobum Carlinum, & Antonium Pacem, 1596, p. 344). Nell’Italia della controriforma quello di Gentile era un ricordo ingombrante. Non sorprende, pertanto, che scrivendo proprio al Reszka nel 1599, Sertorio Quattromani cercasse di dissociare la figura del noto eretico dalla città di Cosenza e forse anche dall’accademia di cui egli era principe e alla quale lo stesso Gentile aveva partecipato a metà del secolo (S. Quattromani, Scritti, a cura di F.W. Lupi, Arcavacata di Rende, Centro Editoriale e Librario dell’Università della Calabria, 1999, p. 161). Gli sforzi del Quattromani, tuttavia, si dimostrarono vani, poiché fino almeno all’Accattatis, gli eruditi italiani, seguendo i controversisti cattolici della controriforma, continuarono a prestar fede a quanto riportato nei documenti processuali del Cinquecento (N. Toppi, Biblioteca napoletana et apparato a gli huomini illustri in lettere di Napoli e del regno, Napoli, A. Bulifon, 1678, pp. 243-244; S. Spiriti, Memorie degli scrittori cosentini, Napoli 1750, p. 64; D. Andreotti, Storia dei cosentini, vol. II, Napoli, S. Marchese, 1869, p. 220).

Gentile, dunque, nacque a Scigliano. Da alcuni atti notarili si deduce che, insieme a Pietro, Bartolo e Padovano, Valentino era figlio di Margherita e Francesco Gentile. Questo fa ritenere, contrariamente a quanto riporta lo stesso Accattatis, che non vi siano legami di parentela tra l’eretico sciglianese e il giurista marchigiano Alberico Gentili, figlio del medico Matteo (L. Accattatis, Le biografie degli uomini illustri delle Calabrie, cit., pp. 39-40). In assenza di una fonte diretta la data di nascita di Gentile rimane oggetto di congettura. Tommaso Castiglione la collocò al 1530 (T.R. Castiglione, Valentino Gentile antitrinitario calabrese del XVI secolo, «Archivio Storico per la Calabria e la Lucania», 9, 1939, p. 54). Nel Dizionario Biografico degli Italiani, Salvatore Calonaci ha ipotizzato il 1520 (S. Calonaci, Gentile, Valentino, in Dizionario biografico degli italiani, vol. 53, Roma, Istituto dell’Enciclopedia italiana, 2000). Sulla base dei riferimenti contenuti in alcune lettere, Addante ha invece dimostrato come sia possibile ritenere che Gentile sia nato intorno al 1515-16 (L. Addante, Valentino Gentile e il dissenso religioso nel Cinquecento, cit., pp. 23-24).

1536-1537

Nel 1536 a Napoli vengono pubblicati i Variorum Poematum libri duo di Giano Anisio. L’epistola ai lettori firmata da Gentile suggerisce che sia stato l’umanista calabrese a curare la pubblicazione del testo di Anisio. Nell’opera, inoltre, trova posto anche un poema Ad Valentinum Gentilem et Horatium Anysium (G. Anisio, Variorum Poematum, Neapoli,  Ioannes Sulzbacchius, 1536). Gentile, di cui non si hanno notizie prima di questa data, era stato precettore di Orazio Anisio, nipote del poeta. Nel 1536, quindi, egli era a Napoli e partecipava all’intensa vita culturale della città. La presenza al parlamento generale di Cosenza come rappresentante dei casali nel 1537, fornisce il termine del soggiorno napoletano di Gentile. Le fonti tacciono, al contrario, sulla data e le ragioni di arrivo del giovane umanista nella capitale.

I Gentile erano proprietari terrieri. Numerosi sono i documenti che attestano i contatti dei Gentile con un’importante famiglia di Scigliano, i Franchini (L. Addante, Valentino Gentile e il dissenso religioso nel Cinquecento, cit., p. 34). Conterraneo di Valentino era Francesco Franchini, fiduciario di casa Farnese e poi vescovo di Massa e di Piombino. Al servizio di Pierluigi Farnese, nel 1535 Franchini ospitò in Calabria Alfonso d’Avalos, comandante delle truppe imperiali che risalivano la penisola dopo l’assedio di Tunisi. Prima di entrare a Cosenza, dove avrebbe incontrato tra gli altri Pierluigi Farnese, Carlo V si fermò a Rogliano, mentre le truppe sostarono a poca distanza proprio a Scigliano. È possibile, pertanto, che al seguito di Franchini, Valentino Gentile giunse a Napoli nell’inverno del 1535. Questo spiegherebbe facilmente come il giovane Gentile, sulla cui educazione non si hanno notizie, fosse catapultato al servizio degli Anisio e introdotto nel vivace ambiente culturale della capitale del regno (ivi, pp. 35-36).

Alcuni versi dei Variorum poematum sono dedicati anche ad Apollonio Merenda, sacerdote di cultura umanistica erasmiana originario di un altro casale di Cosenza, Paterno Calabro (G. Anisio, Variorum Poematum, Neapoli, Ioanne Sultzbach, 1536, p. 85). Tra il 1536 e il 1538, Merenda viaggiò spesso tra Roma e Napoli, dove oltre ad Anisio e Gentile, frequentava Juan de Valdés, giunto nella capitale del vicereame spagnolo nel 1533 (A. Olivieri, Merenda, Apollonio, in Dizionario biografico degli italiani, vol. 73, Roma, Istituto dell’Enciclopedia italiana, 2009). Legato all’Accademia Pontaniana di cui Anisio era figura di spicco, negli anni Trenta del Cinquecento Valdés guidò molti riformatori italiani verso idee religiose eterodosse. Uno di questi, il generale dei capuccini Bernardino Ochino predicò durante la quaresima del 1536 nella chiesa di San Giovanni Maggiore, alla presenza di Carlo V (M. Gotor, Ochino, Bernardino, in Dizionario biografico degli italiani, vol. 79, Roma, Istituto dell’Enciclopedia italiana, 2013). È in questo contesto che prendono forma le convinzioni religiose del giovane umanista calabrese.

1546

Viene fondata a Napoli l’accademia degli Ardenti. Il riferimento a una discussione tenuta all’accademia, suggerisce la partecipazione di Gentile agli incontri tenuti nel seggio di Capua, in cui viveva un altro celebre seguace del Valdés legato alla Calabria, il barone di Monasterace Mario Galeota (L. Addante, Valentino Gentile e il dissenso religioso nel Cinquecento, cit., pp. 79-80).

È da escludere che Gentile abbia partecipato ai cosiddetti collegia vicentina del 1546, come spesso viene ripetuto (S. Calonaci, Gentile, Valentino, in Dizionario biografico degli italiani, vol. 53, Roma, Istituto dell’Enciclopedia italiana, 2000). Addante ha dimostrato che le riunioni tra anabattisti veneti e valdesiani meridionali si tennero nel 1550 a Padova, Venezia, Vicenza e Ferrara (L. Addante,  Eretici e libertini nel Cinquecento italiano, Roma-Bari, Laterza, 2010, pp. 100-111; cfr. M. Firpo, Juan de Valdés and the Italian Reformation, Ashgate, Furnham, 2015, pp. 178-189).

1550

Gentile è a Palermo, in qualità di istruttore dei figli della vedova di origini toscane Brigida Cini. Dalla deposizione della Cini al Sant’Uffizio nel 1573, si deduce che Gentile era in contatto con i valdesiani napoletani, da cui otteneva libri eterodossi come l’Alfabeto cristiano del Valdés. La familiarità con Galeazzo Caracciolo e la proposta alla donna di lasciare l’Italia, fanno credere che Gentile, avanti nel suo percorso ereticale, già nel 1550 pianificasse di raggiungere Ginevra.

Tuttavia, lasciata Palermo, Gentile torna a Scigliano, da dove riprende i contatti con gli ambienti umanistici del capoluogo. Una lettera a Niccolò Franco dimostra la partecipazione di Gentile all’accademia stabilita dallo stesso Franco in quegli anni a Cosenza (L. Addante, Valentino Gentile e il dissenso religioso nel Cinquecento, cit., pp. 77-78). Priva di fondamento è, al contrario, la partecipazione all’accademia degli Sturnini di Scigliano (risalente a C. Minieri Riccio, Notizia delle accademie istituite nelle provincie napoletane, «Archivio storico per le provincie napoletane», 3, 1878, 1, p. 308 e ripetuta da Calonaci). Sebbene il convento degli Osservanti di San Francesco in cui l’accademia aveva luogo fu eretto nel 1531, l’accademia stessa deve la sua fondazione al provinciale degli osservanti Cornelio Aiello (o Cornelio di Aiello) presente a Scigliano nei primi decenni del XVII secolo (L. Accattatis, Le biografie degli uomini illustri delle Calabrie, cit., p. 403).

1557-1558

Nel 1557 il nome di Gentile appare nei registri di Ginevra, dove si dedica all’attività di traduttore per la chiesa italiana. Nella città svizzera Gentile entra subito in contatto con il fitto gruppo di italiani che a seguito della condanna di Serveto alimentavano il dissenso verso Calvino. Tra questi spiccavano Matteo Gribaldi, Giorgio Biandrata e Giampaolo Alciati. Insieme a quest’ultimo Gentile fu tra coloro che nella primavera del 1558 si rifiutano di firmare la professione di fede imposta dalle autorità ai membri della chiesa italiana. Dopo la fuga di Alciati, Gentile sottoscrive la professione di fede, ma ben presto viene denunciato e processato per eresia insieme al medico sardo Nicola Gallo. Al contrario di quest’ultimo, Gentile ribatte colpo su colpo alle accuse di Calvino. Nel corso del processo compone alcuni scritti in cui, come ha osservato Cantimori, «tutto lo sforzo del Gentile tende a stabilire una preminenza assoluta di Dio, inteso come pura essenza, su Cristo, Dio anch’esso, ma non pura e semplice essenza» (D. Cantimori, Eretici italiani del Cinquecento: ricerche storiche, Firenze, Sansoni, 1939, pp. 226-228).  Con lucidità Gentile lamenta che i critici del dogma trinitario fanno ricorso a molti luoghi delle scritture, mentre Calvino basa le sue ragioni sulla sua autorità politica e sulla forza. Nonostante questo, deve infine abiurare facendo pubblica penitenza e bruciando i suoi scritti per le strade di Ginevra (L. Addante, Valentino Gentile e il dissenso religioso nel Cinquecento, cit., pp. 131-149). Condannato al domicilio coatto, a settembre Gentile riesce a fuggire da Ginevra e a raggiungere il feudo di Gribaldi a Farges.

1559-1560

Da Farges passa a Lione, dove compone ma non pubblica gli Antidota (ivi, p. 158). L’opera ha fin da subito ampia circolazione nei circoli ereticali e libertini anche a al di fuori di Lione. Nessun manoscritto è giunto fino a noi, molti brani, però, furono riportati da Aretius nella Valentini Gentilis iusto capiti supplicio pubblicata dopo la morte di Gentile. Giunto a Grenoble dove risiedeva Gribaudi, Gentile è arrestato dalle autorità e costretto a fornire una confessione di fede ortodossa. Dopo che le attenzioni delle autorità si concentrano anche su Gribaldi, nell’autunno i due lasciano Grenoble e fanno ritorno a Farges. Qui Gentile viene subito arrestato. Simon Von Würstenberger, balivo di Gex nella cui giurisdizione ricadeva Farges, rilascia Gentile solo dopo che questi ha sottoscritto l’ennesima professione di fede ortodossa.

1561

Agli inizi del 1561 Gentile fa ritorno a Lione, dove pubblica la Confessio evangelica, theologiae protheses, piae ac doctae in symbolum Athanasii adnotationes. Il testo è aperto dal De uno Deo patre, una«catholica et apostolica confessio» dedicata al balivo di Gex, Simon Von Würstenberger (F. Trechsel, Die Protestantischen Antitrinitarier vor Faustus Socin, Heidelberg, s.n.t., 1844, pp. 471-488). L’opera ha larga circolazione negli ambienti del dissenso religioso, soprattutto in Europa orientale, dove viene diffusa dal medico antitrinitario Giorgio Biandrata. Nello stesso anno, Calvino pubblica l’Impietas Valentini Gentili, che vede la luce anche in francese per contrastare la diffusione delle idee di Gentile negli ambienti ereticali e libertini di Lione. Alle critiche di Gentile alla trinità quale elaborazione sofistica che finisce per assumere l’esistenza di quattro dei, Calvino e Bèze risposero accusando Gentile di triteismo (G. Calvino, Opera quae supersunt omnia, Brunsvigae,  Schwetschke, 1870, vol. 9, pp. 365-637; Id., Recueil des Opuscules, Genève, Imprimé par Baptiste Pimereul, 1566, p. 1921; Théodore de Bèze, Valentini Gentilis teterrimi haeretici impietatum, Genevae, Ex Officina Francisci Perrini, 1567, pp. 14-15). Questo termine, spogliato del suo originale significato controversistico e polemico, finirà col rappresentare, nella letteratura teologica successiva tanto protestante quanto cattolica, le idee antitrinitarie di Gentile (L. Addante, Valentino Gentile e il dissenso religioso nel Cinquecento, cit., pp. 135, 209). È significativo, a questo riguardo, che nel Dizionario storico-critico, Pierre Bayle sia tra i pochi a sottrarsi a questa distorsione controversistica del pensiero di Gentile (P. Bayle, Dictionnaire historique et critique, vol. 2, Amsterdam,  Leyde, La Haye, Utrecht, Chez Brunel, 1740, p. 545).

1562-1565

Lasciata Lione, Gentile si dirige in Europa Orientale. Nell’autunno del 1562 raggiunge Biandrata e Alciati in Polonia. Il 4 novembre partecipa al sinodo di Pińczόw, dove ha sede la piccola chiesa italiana. In Polonia Gentile contribuisce a delineare il carattere antitrinitario della ecclesia minor fratrum polonorum che si renderà indipendente dalla ecclesia maior calvinista nel 1565. Nel 1563 Gentile si sposta in Valacchia e in Moravia. Tornato a Cracovia, dove in fuga da Zurigo nel 1564 giunge anche Bernardino Ochino, Gentile è espulso insieme agli altri antitrinitari italiani a seguito dell’editto di Parczόw, frutto dell’ennesima alleanza tra protestanti e cattolici contro i radicali. Lasciata la Polonia entro il 1 ottobre 1564, Gentile si reca a Austerlitz, dove viene ospitato insieme ad Alciati e Ochino dal medico antitrinitario veneziano Niccolò Paruta che vi era giunto da Ginevra nel 1561 (M. Rothkegel, Paruta, Niccolò, in Dizionario biografico degli italiani, vol. 81, Roma, Istituto dell’Enciclopedia italiana, 2014). Ma ben presto Alciati e Gentile lasciano Austerlitz e si spostano in Transilvania. Qui Gentile lavora a un’opera di sintesi delle sue idee da dedicare al re Sigismondo II. Dell’opera, però, si hanno poche e vaghe testimonianze.

1566

Gentile lascia la Transilvania e si dirige a Ovest. Passa per Vienna e raggiunge infine Farges, da dove convoca una discussione pubblica con i calvinisti. Arrestato dallo stesso balivo di Gex cui aveva dedicato la sua eterodossa confessio fidei nel 1561, viene processato a Berna e decapitato il 10 settembre.

Bibliografia

Fonti

G. Anisio, Variorum Poematum, Neapoli, Ioanne Sultzbach, 1536.

B. Aretius, Valentini Gentilis iusto capitis supplicio, Genevae, ex officina Francisci Perrini, 1567.

P. Bayle, Dictionnaire historique et critique, Amsterdam,  Leyde, La Haye, Utrecht, Chez Brunel, 1740.

T. de Bèze, Valentini Gentilis teterrimi haeretici impietatum, Genevae,  Ex Officina Francisci Perrini, 1567.

R. Bellarmino, De controversiis christianae fidei, Lugduni, Ioannem Pillehotte, 1587.

G. Calvino, Recueil des Opuscules, Genève, Imprimé par Baptiste Pimereul, 1566.

G. Calvino, Opera quae superstunt omnia, Brunsvigae, Schwetschke, 1870.

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S. Quattromani, Scritti, a cura di F.W. Lupi, Arcavacata di Rende, Centro Editoriale e Librario dell’Università della Calabria, 1999.

S. Reszka, De atheismis et phalarismis evagelicorum, Neapoli, apud Io. Iacobum Carlinum, & Antonium Pacem, 1596.

S. Spiriti, Memorie degli scrittori cosentini, Napoli, Nella stamperia de’ Muzj, 1750.

N. Toppi, Biblioteca napoletana et apparato a gli huomini illustri in lettere di Napoli e del regno, Napoli, A. Bulifon, 1678.

Studi

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L. Addante, Valentino Gentile e il dissenso religioso nel Cinquecento: dalla Riforma italiana al radicalismo europeo, Pisa, Edizioni della Normale, 2014.

L. Addante,  Eretici e libertini nel Cinquecento italiano, Roma-Bari, Laterza, 2010.

D. Andreotti, Storia dei cosentini, Napoli, S. Marchese, 1869.

S. Calonaci, Gentile, Valentino, in Dizionario biografico degli italiani, vol. 53, Roma, Istituto dell’Enciclopedia italiana, 2000.

D. Cantimori, Eretici italiani del Cinquecento: ricerche storiche, Firenze, Sansoni, 1939.

T.R. Castiglione, Valentino Gentile antitrinitario calabrese del XVI secolo, «Archivio storico per la Calabria e la Lucania», 9, 1939, pp. 41-54.

M. Firpo, Juan de Valdés and the Italian Reformation, Ashgate, Furnham, 2015.

M. Gotor, Ochino, Bernardino, in Dizionario biografico degli italiani, vol. 79, Roma, Istituto dell’Enciclopedia italiana, 2013.

A. Olivieri, Merenda, Apollonio, in Dizionario biografico degli italiani, vol. 73, Roma, Istituto dell’Enciclopedia italiana, 2009.

A. Mazzacane, Calà, Carlo, in Dizionario biografico degli italiani, vol. 16, Roma, Istituto dell’Enciclopedia italiana, 1973.

C. Minieri Riccio, Notizia delle accademie istituite nelle provincie napoletane, «Archivio storico per le provincie napoletane», 3, 1878, 1, pp. 293-314.

M. Rothkegel, Paruta, Niccolò, in Dizionario biografico degli italiani, vol. 81, Roma, Istituto dell’Enciclopedia italiana, 2014.

F. Trechsel, Die Protestantischen Antitrinitarier vor Faustus Socin, Heidelberg, 1844.