Andrea Suggi, Schede (2010), scheda 2

Tommaso Campanella, Monarchia di Spagna, in Tommaso Campanella, Monarchie d’Espagne et Monarchie de France, textes originaux introduits, édités et annotés par Germana Ernst, traduction par Nathalie Fabry, Serge Walbaum, Paris, PUF, 1997, pp. 1-366.

La Monarchia di Spagna è una delle più importanti opere politiche composte da Tommaso Campanella: in essa sono indicati i modi in cui il sovrano spagnolo può conseguire la monarchia universale. Tale opera ha posto e continua a porre non pochi problemi agli studiosi, sia rispetto alla sua datazione, sia di carattere filologico sia, infine, di carattere interpretativo. Campanella ha sostenuto a più riprese di averla composta a Stilo nel 1598, prima della congiura, sollecitato dal giurista spagnolo Marthos Goriostola. Luigi Firpo ritiene poco convincente questa tesi e la attribuisce a una strategia autogiustificativa e difensiva messa in atto da Campanella dopo la congiura calabrese. L’opera stessa sarebbe stata composta, a giudizio di Firpo, nel 1600 e la sua composizione sarebbe successiva all’incarcerazione. Nel 1989 ne è stata pubblicata una prima stesura giovanile, redatta in italiano, a cura di Germana Ernst, che parrebbe avvalorare la tesi di una redazione dell’opera anteriore alla carcerazione. Non meno complessa è la vicenda della sua ricezione e interpretazione: avversata in campo protestante, soprattutto a causa dei suggerimenti in essa presenti su come procedere al fine di sconfiggere la resistenza dei Paesi Bassi alla monarchia spagnola e finalmente sottomettere senza ulteriori opposizioni quei possedimenti al potere della corona, la Monarchia di Spagna è stata accolta come una nuova formulazione delle tesi di Machiavelli, del quale Campanella veniva descritto come un seguace attento e convinto, abile, però, a dissimulare le proprie convinzioni sotto una patina di osservanza dei precetti del cattolicesimo e di devozione alla politica della Spagna e del papato, risultando, perciò, ancor più infido. Machiavelli è senza dubbio uno degli autori più presenti nella riflessione politica condotta da Campanella nella Monarchia di Spagna e decisivo, soprattutto, è la ripresa della centralità del nesso tra religione e politica che già il Segretario Fiorentino, in modo più netto e esplicito, aveva tematizzato nei Discorsi. Accanto alla ripresa di temi machiavelliani, però, sussiste la forte critica alla quale Campanella sottopone la concezione della politica che Machiavelli ebbe, concezione della politica che da parte dello Stilese si basa su una ripresa degli aspetti fondamentali della propria filosofia della natura. La distanza tra Machiavelli e Campanella viene marcata da quest’ultimo in modo più deciso proprio a proposito dell’interpretazione della religione, considerato il vincolo più potente per un organismo politico da parte di entrambi, ma con una sostanziale differenza: Campanella ritiene che Machiavelli la reputi niente più che un ritrovato dell’astuzia politica, frutto di ‘ragion di stato’, privo, cioè, di ogni sostanziale radicamento nella natura intima delle cose, mentre lo Stilese è convinto della necessità di elevare la conoscenza della natura alla piena consapevolezza dell’esistenza di una ragione, di un senso e di un ordine divino nascosto nell’intimo dell’essere, in modo da definire una razionalità della politica che faccia della religione, correttamente intesa, la propria anima.