Tommaso Campanella, La Città del Sole, p. 38

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nel bevere: vino non si dona a’ fanciulli sino alli diciannove
anni senza necessità grandissima, e bevono con acqua poi, e
così le donne; li vecchi di cinquanta anni in su beveno
senz’acqua, ma, quando han da fare qualche consiglio o giudizio,
mettono acqua. Mangiano, secondo la stagione dell’anno,
quel che è più utile e proprio, secondo provisto viene dal
capo Medico, che ha cura. Usano assai l’odori: la mattina,
quando si levano, si pettinano e lavano con acqua fresca tutti;
poi masticano maiorana o petrosino o menta, e se la frecano
nelle mani, e li vecchi usano incenso; e fanno orazione brevissima
al levante come il Pater noster; ed escono e vanno
chi a servire i vecchi, chi in coro, chi ad apparecchiare le cose
del commune; e poi si riducono alle prime lezioni, poi al tempio,
poi escono all’esercizio, poi riposano poco, sedendo, e
vanno a magnare.
Tra loro non ci è podagre, né chiragre, né catarri, né sciatiche,
né doglie coliche, né flati, perché questi nascono dalla
distillazione e inflazione, ed essi per l’esercizio purgano ogni
flato e umore. Onde è tenuto a vergogna che uno si vegga
sputare, dicendo che questo nasce da poco esercizio, da poltroneria
o da mangiar ingordo. Patiscono più tosto d’infiammazioni
e spasmi secchi alli quali con la copia del buon cibo
e bagni sovvengono; e all’etica con bagni dolci e latticini, e
star in campagne amene in bello esercizio. Morbo venereo
non può allignare, perché si lavano spesso li corpi con vino e

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