Tommaso Campanella, Del senso delle cose, p. 140
mostrai nell’opuscolo De insomniis, e altrove nel proprio luogo,
i sogni nascono o dagli affetti e cause interne, o da moti rimasti
dal giorno in esso spirito, o da Dio o dalle intelligenze; ma molti
ne sono che all’aria bisogna darli, come stanotte, venendo un amico
che mai ci pensavo, me lo sogno, e la mattina me lo veggo a la
porta, e gli altri dì avanti non mi viene in sogno, né poi. E se il figlio
ha da esser ucciso, la madre in sogno antivede spesso; e avendo
da far cosa che non spero, io spesso l’antiveggo.
Dunque bisogna dire che, facendosi tutte le cose nostre in aria,
ella s’infondi di quel che ha da essere, come noi dalla promessa o
dal conseglio sappiamo quel che ha da seguire; e così l’aria inspirata
a noi ce lo manifesta. Però si trova che li timorosi o gli amorosi
amici sognano spesso verità, e ognuno delle cose dell’arte sua
sogna bene, e li malinconici d’ogni cosa han sagace sogno. Chi teme
o ama, sempre pensa a quella cosa; però, dormendo, ogni moto
alquanto consimile che si fa nell’animo, gli sveglia quel ch’è interno.
Per questo, s’io penso a qualche cosa e alcuno mi dice: - Ti
voglio dar una nuova, subito credo che sia nuova di quel ch’io
penso, laonde gli amanti e timenti s’ingannano, che pigliano spesso
una cosa per l’altra, e ascendendo vapori neri o acri al cerebro,
gli par di vedere cosa tetra che gli minacci, o di far guerra col nemico
o di fuggire, perché lo spirito fugge quel vapore o lo combatte,
e spesso gli par nuotare o volare quando sopra vapori molli
o tenui lo spirito s’alza; ma quando vien di fuori la passione, questi
tali ben la sentono perché è vera. Così Cicerone e Valerio scrivono
di due compagni alloggiati in una taverna, che il tavernaro
andando per occider l’uno, l’altro dormendo vide in sogno quello
che gli domandava aiuto, e levatosi, non credendo al sogno, tornò
a dormire, e subito lo vide che il tavernaro l’uccideva, e si svegliò,
né credette al sogno; terzo s’addormio, e vide l’amico che lo pregava
che il vendicasse, mostrandoli come il tavernaro l’aveva nascosto
in un carro di letame, per portarlo fuor della città a sotterrare.
Poi, levato la mattina e non trovando l’amico, vide il carro
del letame, andò agli officiali e scopersero e trovaro il morto e puniro
il reo.