Tommaso Campanella, Ateismo trionfato, p. 203
ecco la distintione personale (quia qui est apud, distinguitur
ab eo apud quem est), e poi: «Et Deus erat Verbum»: ecco
l’unità essentiale.
E li Stoici e Platonici e Trismegisto hebbero qualche senso
di questa verità, ma non arrivaro alla testimonianza di questi
piscatorelli, che deveria confondere ogni arrogante incredulo.
Come potea finger queste parole un che non sapea leggere né
scrivere? Dunque quel che si dice da empii è stoltitia, che
Christo finse il negotio de la resurrettione di Lazaro e di molti
altri miracoli, et ogni contradicente all’apostoli si convince
di mendacio, e di esser cieco opinante, e non oculato testimoniante,
come elli furo.
Io di Christo sto molto ben persuaso filosoficamente. Di
Mosè ancora, più perché predisse Christo che per altro, et
invero questo è grande argumento di testimonianza
divina. Et esaminai li profeti, e tutti annuntiano un salvatore
del mondo tutto, non che degl’hebrei.
Disse Dio ad Abramo che nel suo seme tutte le nationi
havean da esser benedette, e che saria herede del Mondo, e
come l’arena e le stelle multiplicheria. Se Christo non fusse
venuto a verificar questo, saria Mosè senza testimonianze precedenti,
perché non si trova chi habbia profetato la sua venuta,
né il suo regno sacerdotale, ma egli stesso scrive l’historia
propria, e la testimonianza di Abramo e di Isac e di Iacob, a
cui furo le promesse confirmate. Ma quel che promesse Mosè
al popolo, che sarà schiavo tante volte, trasmigrarà a diverse
nationi e patirà tanti guai, tutto alli hebrei è venuto più volte,
e questa è l’ultima, che non trovano rimedio.
Tutti poi li profeti suoi discepoli, e David, che di tutti loro
par maestro, li quali ancora con miracoli e santità e dottrina ci
assicurano della legge di Mosè, accusaro come havea di venire
del seme di David persona tale che ristoraria il regno
di Israel e le promesse di Abramo.