Tommaso Campanella, La Città del Sole, p. 14

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e astrologia. Dunque si sa chi ha da esser Sole, e se non passa
trentacinque anni, non arriva a tal grado; e questo offizio è
perpetuo, mentre non si trova chi sappia più di lui e sia più
atto al governo.
Ospitalario. E chi può saper tanto? Anzi, non può saper
governare chi attende alle scienze.
Genovese. Io dissi a loro questo, e mi risposero: - Più certi
semo noi, che un tanto letterato sa governare, che voi che
sublimate l’ignoranti, pensando che siano atti perché son nati
signori, o eletti da fazione potente. Ma il nostro Sole sia pur
tristo in governo: non sarà mai crudele, né scelerato, né tiranno
un chi tanto sa. Ma sappiate che questo è argomento
che può tra voi, dove pensate che sia dotto chi sa più grammatica
e logica d’Aristotile o di questo o quello autore; al che
ci vol sol memoria servile, onde l’uomo si fa inerte, perché
non contempla le cose ma li libri, e s’avvilisce l’anima in quelle
cose morte; né sa come Dio regga le cose, e gli usi della
natura e delle nazioni. Il che non può avvenire al nostro Sole,
perché non può arrivare a tante scienze chi non è scaltro d’ingegno
ad ogni cosa, onde è sempre attissimo al governo. Noi
pur sappiamo che chi sa una scienza sola, non sa quella né
l’altre bene; e che colui che è atto ad una sola, studiata in
libro, è inerte e grosso. Ma non così avviene alli pronti d’ingegno
e facili ad ogni conoscenza, come è bisogno che sia il
Sole. E nella città nostra s’imparano le scienze con facilità tale,
come vedi, che più in un anno qui si sa, che in diece o
quindici tra voi, e mira in questi fanciulli.
Nel che io restai confuso per le ragioni sue e la prova di

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