Tommaso Campanella, Dialogo contro Luterani, p. 99
della patria, come fecero infiniti scelerati
de’ quali in Italia abbiamo esempi assaissimi,
d’Ezzelino, di Castrucci o de cesarei epicurei; e
spesso trovano altri modi più sottili, come fu
Manfredi,
Agatocle, Cassandra, Pisistrato, Alcibiade
e simili. Or dunque, se cotanto è buona
questa legge in terra a’
prencipi e a’ soggetti comune,
si deve molto apprezzare, ma in verità
non si trova se non nella religione, la
quale con
amor di Dio ch’è il sommo bene e col timor
delle pene eterne sommo male, raffrena in pubblico
e in
secreto i sudditi, e i liberi da far oltraggio
al prossimo e li fa curar poco li beni di
questo mondo, onde ne
seguita che uno non usurpa
quel di molti, se non quanto basta a peregrinanti.
Laonde poi tutti vengono ad
abbondarne.
Platone però dice che i secoli primi furono d’oro,
che Saturno con la sola religione governava, senza
armi, e quel secolo d’Adamo innocente venne
a restituirne Cristo come Innocente, come dicono
alcuni teologi,
perchè se intattamente s’osservassero
le sue leggi da ciascuno, cessarebbono le
guerre, carestie, e pestiletadi,
come scrisse quell’amico
che compose la Monarchia cristiana. All’incontro
poi si legge che tutti i malviventi, e
tiranni poco credono all’altro secolo, e Cesare fu
un di questi, come gli oppone Catone in Salustio;
quivi è
che poca conscienza si fece ad impadronirsi
de la patria e del mondo, e conoscendo
la religione esser necessaria,
si fe’ prima pontefice
con mille stratagemmi e poi Consule; e tutti
i grandi astuti cominciano da questo punto,
servendosi
di Dio e non servendo Dio per la mala
persuasione che avevano della conscienza. Dunque
si deve
nella repubblica sopra ogni altra
la legge dell’osservanza interna predicare, osservare,
riverire, e difendere,
poichè, essa perduta,
tutto il resto è solo cerimonia: ma quando non
si trova questa legge data nella religione,
si deve
pensare che in niun altra cosa vi sia, nè gli antichi