Tommaso Campanella, Epilogo magno, p. 218
cielo con la machina del tutto, et forse d'altri esistomi al
nostro senso ignoti, alzandosi et abbassandosi verso il firmamento,
dov'è segnato l’equinottiale d'un moto che s'appella
trepidatione, perché nessun calore sa star fermo. Onde
le stelle superiori a pianeti caminano anchora
obliquamente di moto quasi insensibile et alterno; et è da
credersi, che quando tutti questi moti di stelle fisse et
erranti torneranno al lor principio, sarà finita la trasmutatione
d'ogni cosa e 'l corso della vita mondiale, et fia quello
che appar buono et bello alla Ragione eterna. Et però
si vede il sole avvicinato più sempre a terra, et prevenir
l’equinottiali, et mutar l’obliquità dell’ecclittica, et le figure
delli dodici segni del zodiaco confondersi. Si può ancho
stimar che le stelle fisse caldissime, massime le polari, non
contente del moto che fanno dentro l’etera, come pesci
nel mare, - ma però sempre d'una maniera, ché non han
bisogno di nuovo ristoro per la vita, né sono disturbate
dal contrario -, habbiano anchora un movimento di
rivolutione in sé stesse, come lo scintillar di loro manifesta
et lo specchio all’acqua sottoposto rappresenta. Il
che a i Pianeti, che poco scintillano come manco copiosi
di caldo, non avviene. Onde la luna sempre mostra a noi
la faccia medesima, con le macchie nuvolose et negre che
ha sortito nel primo conflitto, quando il fumo della massa
essalava et si faceva cielo et stelle et nella luna non si
poteva ben purificare. Et perché sta più vicina alla terra,