Tommaso Campanella, Epilogo magno, p. 373
segue il dolce, essendo le sue parti più riscaldate et ridotte
ad equalità grande; però molto piace al nostro gusto, sendo
noi di temperatissimo spirito, et havendo egli virtù di liquefare
le parti aride della lingua et di seccare le parti assai
molli agguagliando ogni cosa. Il dolce poi più cotto, ch'essali
il sottile suo, diventa amaro nella parte
fecciosa acida, come i pomi appij infracidati mostrano et
il fegato vecchio indurato. Ma la parte del dolce essalante
in copia, s'ella viene a ricevere consistenza di liquore o
di grasso, diventa ontuoso di sapore: onde è attissimo a
nutrire il fuoco, et posto alla lingua con la sua blanda tenuità
la dilata et rarefà tanto, che apporta nausea; et però misto
con l’aceto fa temperamento piacevole, mentre l’un restringe
et l’altro dilata. Così la murga dell’olio è amara,
perché è la feccia grossolana che stringe i meati della lingua
et aggrava lo spirito, stringendolo contro la natura
di lui sottile; et l’olio è dolce ontuoso et leggiero per la
sottilità et equalità delle parti. Finalmente, sendo l’amaro
più cotto e ridotto a temperamento acuto, spiegandosi
tutte le sue parti per forza <di caldo> ugualmente vincente,
diventa di sapore ardente qual’è quello del pepe; ma poi
più bruciato et consumato, la relliquia diventa salsa di
temperie infocata, che penetra presto assottigliando e subito
astringendo. Et perché per tutto il gran caldo penetra et