Tommaso Campanella, Epilogo magno, p. 402
cose, perché così la vista si fa non per illuminazione propria,
ma del oggetto.
g. La luce è per sé visibile, ma il colore è visibile per lei, che
di esso si tinge. E per il colore è visibile la quantità, e figura, perché
son coperte di colore. Il moto non si vede, ma bene il mobile; e
perché da una cosa immota s'allontana et a cosa immota s'avicina,
si sente il moto di esse colorate, e quanto assai accidentabilmente,
e quasi per discorso.
h. Non ci è senso commune, come pensò Aristotele: ma lo
istesso spirito sente in tutti sensorij, e poi conferisce gl’oggetti e fa
scientia. Quinci si scerne che l’occhio non ha una potenza di
sentire, come Aristotele dice, che sia sua forma, poiché chi pensa
troppo o chi dorme ad occhi aperti non vede; dunque lo spirito
vede, e l’occhio el naso la lingua orecchi sono stromenti
avvivati da lo spirito stante come nocchiero in nave, e non informati
di potenza propria sensitiva.
i. Aristotele, ponendo il senso incorporeo, non ha potuto
render raggione come in un tempo senta dui contrarij. Però disse
che è uno e molti, come il centro è un termino di più linee. Dal
che ne segue che sian diverse vie di sentire et un senso, come noi
diciamo. Ma come in questo centro uno indivisibile stia caldo e
freddo, bianco e nero, mai non seppe dirlo. Poi dice che son diversi
e non contrarij, come il sapore e 'l colore nel pomo: e questo è bugia,
perché il caldo e 'l freddo son contrarij e non diversi solo. Alessandro
Afrodiseo dice che 'l caldo et il freddo ponno stare insieme
nel senso incorporeo indivisibile, perché, quantunque nell’esser sian