Tommaso Campanella, Poetica, p. 337
venire a sdegno d’uccidere Parmenone, suo fidelissimo
fratello, e
Calisteno filosofo, per cause lievi, e poi venire
in rabbia di se stesso, a punto come
Achille: cose
indegne di signore savio e magnanimo.
Dunque dal poeta sempre si deve dir bene del bene e
male del male, e quando
s’introduce uno che dica male
del bene e bene del male, mostrare che a pessimo fine è
per venire. Ne lice ancora dir male dell’Ariosto, per aver
introdotto san Giovanni
da poeta falso, e lodato tanto il
puttanesimo, e Rinaldo dire, che maladetta sia quella
crudel legge, che punisce l’amanti adulteri, e altre novelle
impossibili; ma
invero fu egli al tempo del secolo
feminile: però comminciò da: «Le donne» e le difende
quanto può. Ma il Tasso è più da biasimare, che riduce
tutta la poetica in belle
parole, e lasciò le belle sentenze,
che pone l’Ariosto con tanta moralità e documenti,
e segue
il documento greco, del tutto tralasciando le maraviglie
di Gierusalem, di
che si poteva dire sempre cose
nuove delle fatte e delle future in lei, secondo le
profezie,
e rinovando quelle di Omero, mutati i nomi solamente;
e dicendo che la
nobiltà consiste veramente in
aver avuti padri ricchi, ovvero quattro predecessori, e
altre simili adulazioni de’ suoi Dialoghi, dove parla
anco
degli angioli non secondo il vero della nostra legge,
ma secondo i sofisti della
Grecia, e adulando ad ogni
picciol raggio di virtù.
Or torniamo a noi, avendo detto che il caldo amore
della virtù e della ragione e
d’obbedire alle leggi si deve
accendere con le parole e belle finzioni, sentenze e
narrazioni,
e non mai allentare e spegnere, come fanno i poeti
della Grecia,
opposti a’ profeti, agli quali noi studiamo,
dicendo san Paolo: «Potestis omnes prophetare».
Orazio, benché egli fusse astretto a secondare gli
uomini
de’ tempi suoi, conobbe che la poesia non consisteva nella
superstizione
del parlare, come oggi s’usa, che abbondiamo
di parole belle e delicate e manchiamo di
concetti
e di verità – ché, se David parlò secondo il tempo,
alla grossa, disse
più alte e giovevoli parole di tutti gli altri;
e il Petrarca, più limato di lui, dice
cose men gravi