Tommaso Campanella, Poetica, p. 401

Precedente Successiva

Quanto alle passioni, l’irato parlerà breve e mozzo,
come Nettuno contro i venti:

Quo ego…! Sed motos praestat…;

gli amanti, interrompendo, come pigliando [sgomento]
in presenza dell’amata e, lontani, lamentandosi e sperando;
li timidi, molto e supplicando; li speranti, assai
e invocando Dio; gli audaci, poco e disprezzando; così
gli odiosi; i dolenti poco o molto, secondo la qualità dell’affetto,
ma con verità; i godenti, assai, riguardandosi
attorno e gonfiandosi; i ciurmatori maghi, borbottando
e trangugiando le parole: tutte queste condizioni s’useranno
più e meno dove si devono, secondo il luogo, il
tempo, la persona. Sommigliantemente si deve in tutte le
altre persone osservare, avendo per iscorta le imitazioni
delle passioni e persone, il che sa far colui che ha filosofato
sopra quelle cose naturali, o chi l’ha osservate senza
filosofia, poiché si veggono per natura alcuni atti ad
imitar gli altri, e l’imitazione sarà tanto più bella, non
quanto è più ornata, ma quanto più rappresenta; onde,
se in tragedia un pastore usasse parole belle e polite, direbbono
che non fosse bello, perché non imita il naturale.
In questo pecca molto il Tasso, che a tutti i personaggi
dona una medesima altezza con elocuzioni, non
altrimente che un dipintore dipingesse donne belle,
brutte, vecchie, giovani, uomini, animali, e tutti vestisse
di una medesima veste e colori. Però nella nostra Accademia
in Cosenza solea dire il signor Giacomo da
Gaeta, che era più bella quella vecchiarella che coglieva
la pioggia d’oro, nel nostro palio dipinta, che Danae
stessa, che gli stava a canto, di cui Giove si inamorò,
non perché veramente la faccia della giovane non fusse
piacevole più di quella della vecchia, ma per essere ella
con minor imitazione dipinta, che questa; in questo
modo si potrebbe ben dire la Gabrina dell’Ariosto più
bella della sua Marfisa, perché più sapientemente imitata,
e l’imitazione è segnale della sapienza possente ben
oprare. Più bello fia inoltre l’Inferno di Dante, che il
Paradiso suo, perché più acconciamente e al vivo rappresenta

Precedente Successiva